“Secondo i testi ufficiali sovietici e dell’Europa orientale fino ad oggi il sistema economico socialista garantirebbe (…) [la] corrispondenza fra forze produttive, rapporti di produzione e sovrastruttura, cosicché il socialismo comporterebbe la fine di conflitti e contraddizioni. Era questa del resto l’opinione dei primi marxisti come Bucharin e Rosa Luxemburg, che consideravano la fine del capitalismo come la fine anche dell’economia politica come scienza. Il fatto che lo sviluppo effettivo delle economie socialiste non confermi questa visione di società armoniose immuni da conflitto, ha creato un vuoto analitico in campo marxista dove hanno trovato spazio tre tipi di critica che si richiamano a Marx ma che non possono essere collocati nell’ambito di una teoria marxista del socialismo. Queste critiche sono: 1. una critica trotskista ortodossa, rappresentata oggi dal belga Ernest Mandel, che considera l’Unione Sovietica come uno Stato dei lavoratori a deformazione burocratica e le economie di tipo sovietico come «società di transizione» dominate da una burocrazia che ne limita le possibilità di sviluppo economico e civile (3); 2. una critica trotskista eterodossa, rappresentata da Tony Cliff e i «socialisti internazionalisti», per cui la burocrazia è addirittura una nuova classe dominante, e tutti i paesi socialisti (compresa la Cina) sono forme di «capitalismo burocratico di stato» (4); 3. una linea maoista, rappresentata da Bettelheim, che considera i paesi socialisti come forme di capitalismo, o «capitalismo di stato» ma salva l’esperienza maoista (5). Il difetto di queste critiche delle economie di tipo sovietico non è tanto la labilità del legame con Marx (il che di per sé è poco importante), né la insostenibilità di certe tesi. Per esempio, il potere di controllo della burocrazia non include né l’appropriazione del prodotto né il potere di alienare a proprio vantaggio i mezzi di produzione, e il semplice fatto di avere accesso privilegiato al consumo non appare sufficiente a definire una classe. E’ stato obiettato, per esempio da David Lane, che anche se lo Stato di tipo sovietico è governato  ‘per conto’ e ‘in nome’ dei lavoratori, invece che ‘dai’ lavoratori, la Società sovietica non è né una società senza classi né una società con conflitto di classe, ma una società ad una classe unica – i lavoratori – che confronta lo Stato, e dove i lavoratori sono profondamente «incorporati» nel sistema (6). Inoltre, i mercati delle economie socialiste svolgono un ruolo più limitato che nei paesi capitalisti, e la pianificazione di tipo sovietico non ha niente in comune con la programmazione capitalistica. Un’analisi che ignora queste differenze specifiche fra economie di tipo sovietico ed economie capitalistiche non è né utile né credibile. Ma indipendentemente da questo, il punto debole delle critiche alla Mandel, Cliff o Bettelheim è che si esauriscono nell’accusa e nella condanna dei paesi dell’Europa orientale, e presentano tutt’al più una strategia rivoluzionaria, quella internazionalista, ma non una analisi delle leggi che regolano l’evoluzione di queste economie. In queste critiche alle economie socialiste c’è l’invettiva ma manca la teoria. Paradossalmente, una interpretazione marxista della esperienza dei paesi socialisti, che cerchi di scoprirne le contraddizioni e le leggi della loro evoluzione, è ancora poco sviluppata. Nella sua forma migliore, più coerente e comprensiva, la tradizione marxista dell’economia politica del socialismo è rappresentata dal lavoro dell’economista polacco Wlodzimierz Brus (…). Lo scrittore tedesco orientale Rudolf Bahro ha anch’esso contribuito – sia pure con tentennamenti trotskisti ed utopistici – allo sviluppo di questo filone marxista con il suo recente libro ‘L’alternativa: una critica al socialismo realizzato’ (8)” [Domenico Mario Nuti, ‘Socialismo reale e teoria economica del piano’ (in) ‘Crisi e piano. Le alternative degli anni Trenta’, a cura di Mario Telò, Bari, 1979] [(3) E. Mandel, ‘Marxist Economic Theory’, Merlin Press, Londra, 1968; (4) Cfr. ad esempio C. Harman, ‘Bureaucracy and Revolution in Eastern Europe’, Pluto Press, 1975; T. Cliff, ‘Russia: A Marxist Analysis’, I.S. Books, 1964; per una critica di questa linea cfr. D. Purdy, ‘The Soviet Union: State Capitalist or Socialist? A Marxist Critique of the International Socialists’, The Comunist Party, Londra, 1978; (5) Ch. Bettelheim, ‘Les luttes de classe en Urss, 1917-1923’, Maspero Seuil, Paris, 1974; per una critica di questa linea, cfr. R. Miliband, ‘Bettelheim and the soviet experience, in “New Left Review’, n. 91, 1975; (6) D. Lane, ‘Politics and Society in the Urss’, London, 1978; (7) W. Brus, ‘The Market in a socialist Economy’, Routledge, Londra, 1972; Id., ‘The Economics and Politics of Socialism’, Routledge, London, 1973 (trad. it. Editori Riuniti, Roma, 1972); Id., ‘Socialist Ownership and Political System’, Londra, 1975 (trad. it. Editori Riuniti, Roma, 1974; (8) R. Bahro, ‘Die Alternative’, Berlino 1977 (trad. it. Sugar, Milano, 1978)]