“Le principali proprietà analitiche, cioè le principali caratteristiche concettuali, del modello conflittuale di stratificazione sociale elaborato da Marx sono: a) la monodimensionalità – in quanto assume come unica dimensione analiticamente rilevante la classe, cioè la posizione economica dei gruppi sociali, che nella società industriale è definita dalla situazione di mercato; b) l’economismo – in quanto riconosce come unico criterio rilevante di stratificazione il possesso o meno dei mezzi di produzione; c) l’inquadramento in una logica di filosofia della storia – in quanto attribuisce rilevanza analitica alle sole classi – i capitalisti e i lavoratori, su cui si fonda, a parere di Marx, l’attuale corso storico e specificamente l’evoluzione della società moderna dal capitalismo al socialismo. Di conseguenza viene negata rilevanza analitica agli altri raggruppamenti economici: proprietari fondiari, piccola borghesia indipendente, impiegati pubblici e privati, ecc. Marx considera infatti tali raggruppamenti, e particolarmente la piccola borghesia industriale, commerciale, artigiana ed agricola, «classe di transizione», «stadi di transizione intermedi» che «non hanno importanza per la nostra indagine» (8). E ciò perché essi sono destinati a perdere sia in consistenza numerica sia in influenza sociale e politica. Peraltro Marx, se sul piano analitico, cioè sul piano rilevante per la costruzione del suo sistema teorico, considera rilevanti le sole classi dei capitalisti e dei salariati operai, sul piano empirico-descrittivo sottolinea l’importanza di altri raggruppamenti economico-sociali: contadini indipendenti, capitalisti finanziari, piccola borghesia urbana, sottoproletariato (9). La più significativa e precorritrice di queste puntualizzazioni riguarda la crescita degli strati medi impiegatizi, alla quale Marx attribuisce la possibilità di stabilizzare il «modo di produzione» capitalistico in quanto rappresentano una controtendenza alla polarizzazione sulle classi antagoniste dei capitalisti e dei salariati operai (10). Infine Marx utilizza, ad un livello intermedio tra quello analitico-sistematico e quello empirico-descrittivo, la tricotomia, formulata da Smith, di capitalisti, proprietari terrieri, lavoratori: egli considera queste «le tre grandi classi della società moderna, basata sul modo di produzione capitalista» (11). Tuttavia tale tricotomia si limita a fornire un’identificazione delle classi sulla base della loro fonte di reddito – il profitto, la rendita ed il salario -, che sono rispettivamente fonti di reddito dei capitalisti, dei proprietari terrieri e dei lavoratori. Pertanto tale tripartizione esaurisce la sua utilità nella ricognizione delle «forme fenomeniche» dei processi economico-sociali e non è in grado di spiegare gli aspetti fondativi del «modo di produzione» capitalistico. Per individuare tali aspetti, cioè le condizioni essenziali che determinano il «modo di produzione» di un’epoca e in particolare il «modo di produzione» capitalistico, occorre identificare e classificare gli strati sociali non già in base alle rispettive fonti di reddito, ma in base alla loro posizione rispetto alla proprietà. E un modello esplicativo delle classi sulla base della proprietà – con riferimento al modo di produzione capitalistico, sulla base della proprietà dei mezzi di produzione – non può essere tricotomico, ma soltanto dicotomico. Tale modello oppone infatti coloro che hanno, e coloro che non hanno, la proprietà dei beni rilevanti per il modo di produzione di una determinata epoca” [Italo Vaccarini, ‘Stratificazione sociale. Riflessioni sul caso italiano’, Milano, 1993] [(8) K. Marx, ‘Il capitale’, vol. III, p. 421; (9) Cfr. in particolare K. Marx, ‘Le lotte sociali in Francia’, trad. it. Editori Riuniti, Roma, 1962 e ‘Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte’, trad. it., id., Roma, 1964; (10) K. Marx, ‘Storia delle teorie economiche’, vol. III, trad. it., Einaudi, Torino 1958, p. 64; (11) ‘Il capitale’, vol. III, p. 421 e pp. 1003-1004]