“Noi sappiamo tuttavia che fin dalle Tesi di aprile Lenin proclama il principio che la repubblica debba essere non parlamentare ma poggiata sul sistema dei Soviet, e quindi escludendo il voto dei non lavoratori, pure essendo ammessi nei Soviet oltre agli operai anche i contadini-soldati. Vi era fedeltà assoluta alla formula della dittatura democratica (ciò, ancora una volta, vuol dire non di una sola classe, ma di più classi. Se la base fosse di una sola classe, resta il sostantivo dittatura e va via l’aggettivo democratico – se di ‘tutte’ le classi, va via la dittatura e resta la democrazia). Il preteso passaggio sostenuto dagli stalinisti, in un certo limitato senso anche da Trotsky, non solo in teoria ma anche in pratica, alla dittatura del proletariato ‘tout court’, come si concilia col fatto che oggi in Russia votano ‘tutti’ i cittadini? La risposta che non essendovi borghesia la sanzione è superflua, è vana: in ogni caso, se valesse a dimostrare che vi è la dittatura, questa sarebbe sempre una dittatura interclassista (ammette al voto contadini, artigiani, piccoli industriali, commercianti etc. che è pacifico esistano ad oggi) e quindi il passo oltre la ‘dittatura democratica’, giusta Lenin 1905, non è mai avvenuto: infatti lo poteva solo per effetto della rivoluzioni ‘fuori Russia’. A suo tempo la questione dello studio delle costituzioni, e della definizione della Russia odierna come una repubblica capitalistica che, malgrado la prassi statale totalitaria, è tanto ‘parlamentare’ quanto lo erano quelle borghesi di Hitler e Mussolini. Lenin dunque teorizza che, anche non essendo in presenza di una rivoluzione proletaria integrale, deve subito porsi il superamento della forma parlamentare di Stato. Quindi dall’Aprile condanna l’Assemblea costituente. La stessa formula del 1903-1913 l’aveva già condannata come ‘pratico’ programma di governo alla caduta degli zar. Abbiamo poi citato passi di Lenin, come il lettore conosce, che implicitamente contengono il principio della non convocazione della Costituente, pur nel protestare contro il rinvio a questa della espropriazione terriera. Eppure lo stesso Trotsky, il quale si dice fautore della dittatura proletaria nella ‘rivoluzione permanente’, crede di doversi giustificare in via contingente della misura di scioglimento dell’Assemblea, convocata dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi. Scrivendo nel 1918 egli evidentemente pensa che sia dai più ritenuto potersi buttar via la dittatura restando nel campo della democrazia, e non passare per sempre oltre la democrazia, andando traverso la dittatura uniclassista e unipartitica fino al traguardo del non-Stato – nel quale solo senso marx-engelsiano la dittatura è «transitoria»” [Amadeo Bordiga, ‘Struttura economica e sociale della Russia d’oggi’, Edizioni Lotta comunista, Milano, 2009] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:21 Aprile 2017