“Scrive Marx: «In tutte le forme in cui domina la proprietà fondiaria il rapporto con la natura è ancora predominante. In quelle, invece, dove domina il capitale, prevale l’elemento sociale, prodotto storicamente» (13). Ne deriva un’altra ipotesi, e cioè che la società industriale è al contempo più progredita e più complessa: più progredita nel processo di separazione dell’uomo dall’involucro originario della natura, più complessa nel processo di articolazione ‘artificiale’ del suo rapporto con la natura. Marx ne conclude che «la rendita fondiaria non può essere intesa senza il capitale, ma il capitale può ben essere inteso senza la rendita fondiaria» (14) e che pertanto la chiave della comprensione storica sta nel presente, purché si tratti di un presente inteso come storia. Per questo l’opera centrale di Marx è ‘Das Kapital’. La pregnanza ‘storica’ e perciò sociale della ‘critica dell’economia politica’ è già ampiamente chiarita, a questo punto. E basterà ricollegare quelle considerazioni con le altre svolte precedentemente circa il duplice – unitario carattere che le figure economiche presentano ‘come cose’ (merci, mezzi di produzione, forza-lavoro) e ‘come enti sociali’ (‘cristalli di lavoro’, lavoro oggettivato, operai) per concludere che la critica dell’economia politica è già portata al livello di una critica storica e di una critica sociale: ovvero che lo svolgimento coerente della ‘teoria del valore-lavoro’ è al tempo stesso lo svolgimento di una ‘teoria della storia come storia di sistemi sociali’ nonché di una ‘teoria storica delle lotte di classe’ e di una critica sociale come ‘critica del capitalismo’. Esattamente il contrario di quanto pensano coloro che interpretano il ‘Capitale’ come dimostrazione e prova ‘in vitro’ di una nuova filosofia della storia. Ecco come nei ‘Grundrisse’ Marx fissa la critica dell’economia politica tradizionale che costruisce categorie storiche o indeterminate, il cui riferimento ed ambito prescindono dalle cadenze tipologiche dello sviluppo sociale: «L’economia politica ha a che fare con le forme sociali specifiche della ricchezza o piuttosto della produzione della ricchezza. Il contenuto di essa, sia esso soggettivo, come il lavoro, o oggettivo, come gli oggetti destinati a soddisfare i bisogni naturali o sociali, si presenta anzitutto come un fatto comune a tutte le epoche della produzione. Questo contenuto si presenta perciò anzitutto come mero presupposto che esula completamente dalla sfera di considerazione dell’economia politica, e vi rientra solo quanto viene modificato dai rapporti formali o quando a sua volta li modifica. Le cose generiche che di solito si dicono su questa questione si riducono ad astrazioni, che avevano un valore storico nei primi tentativi dell’economia politica, quando le forme venivano ancora faticosamente scrostate dal contenuto e ci si sforzava di fissarle come oggetti di considerazione autonomi. In seguito diventano coriacei luoghi comuni, tanto più ripugnanti quanto più si fanno avanti con pretese scientifiche. Questo vale per tutto ciò di cui chiacchierano gli economisti tedeschi e che di solito fanno rientrare sotto la categoria ‘beni’ (15). Un concetto analogo viene espresso nella ‘Introduzione del 1857: «esistono determinazioni comuni a tutti i livelli di produzione, che vengono fissate dal pensiero come determinazioni generali; ma le cosiddette condizioni generali di ogni produzione non sono altro che questi momenti astratti con i quali non viene compreso nessun livello storico concreto della produzione» (16). E poco prima Marx formula in questi termini la necessità di una integrazione storico-sociale dell’economia politica: «Quando si parla dunque di produzione, si parla sempre di produzione ad un determinato livello di sviluppo sociale – della produzione di individui sociali. (…) Alcune determinazioni saranno comuni tanto all’epoca più moderna quanto alla più antica. Senza di esse sarà inconcepibile qualsiasi produzione; (…). Ogni produzione è un’appropriazione della natura da parte dell’individuo, entro e mediante una determinata forma di società» (17)” [Umberto Cerroni, ‘Teoria della crisi sociale in Marx. Una reinterpretazione’, Bari, 1971] [(13) K. Marx, ‘Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica’, cit., vol. I, Firenze, 1968, p. 34; (14) K. Marx, op. cit., p. 35; K. Marx, op. cit., vol. II, Firenze 1970, p. 605; (16) K. Marx, op. cit., vol. I, p. 11; K. Marx, op, cit., pp. 6-10]