“Marx stesso nei Grundrisse dice che il lavoro diventa gioia, diventa soddisfazione. Egli tiene in gran merito Fourier per aver provveduto come scopo supremo non soltanto la soppressione della distribuzione capitalistica, ma la soppressione del modo di produzione capitalistico, e la loro trasformazione in forme più evolute. Il tempo libero, che è tanto quello consacrato a divertirsi, quanto quello consacrato ad avere delle attività superiori, trasformerà evidentemente colui che ne gode in un soggetto nuovo ed in quanto tale egli si presenterà anche nel processo di produzione immediata. Questo processo sarà dell’uomo dell’avvenire e sarà nello stesso tempo disciplina, esercizio applicato, scienza sperimentale, scienza creatrice che si oggettiva materialmente per il nostro uomo che ha nella testa la scienza accumulata nella società. Il processo dell’uomo, e nella misura in cui il lavoro reclama la pratica manuale, la libertà di movimento, come nell’agricoltura, sarà anche un esercizio. Quindi chi deve pensare bene deve avere anche un corpo sano e gli faremo trascinare alcuni sacchi sulle spalle, almeno fin quando sarà giovane, per mantenersi in una buona efficienza; e a quello che trascina i sacchi diremo: adesso va a riposare per poter leggere i filosofi, gli scienziati, eccetera. C’è uno scrittore, citato da Marx, del XVII secolo, Kohn Bellera, che è veramente in anticipo, economista ‘bohemien’, per il suo tempo. Diceva della educazione che deve contenere anche il lavoro produttivo. «La scienza oziosa non vale meglio che la scienza dell’oziosità». Il lavoro, la scienza dell’ozio. «Il lavoro del corpo è una istituzione divina, primitiva». A quell’epoca Bellera adopera l’espressione «divina», ma è espressione egualmente corretta. «Il lavoro è tanto necessario al corpo per mantenerlo in salute che il mangiare per mantenerlo in vita. Poiché la fatica che un uomo risparmia facendo i suoi comodi, la ritroverà in incomodi». Sono le malattie che lo sfotteranno quando sarà vecchio, eccetera. «Il lavoro rimette (sentite quant’è bella questa frase), il lavoro rimette dell’olio nella lampada della vita, il pensiero vi accende la fiamma». Segue: «Un’occupazione puerilmente sciocca lascia insulse le menti dei bambini». E’ una bellissima frase che il lavoro mette l’olio nella lampada della vita e il pensiero vi accende la fiamma. Quindi prima il lavoro e poi il pensiero, prima l’azione e poi la scienza e la filosofia. Questo storicamente per l’umanità e socialmente per l’uomo (vedi Il Capitale, Libro I°, Capitolo XIII/9). Sentite questo famoso passaggio. Ve lo leggo: «In effetti da quando il lavoro comincia ad essere ripartito (lo è da quando vige la divisione del lavoro) ciascuno ha il suo cerchio di attività determinato ed esclusivo, che gli è imposto, da cui non può uscire. Egli è cacciatore, pescatore o pastore, o critico. Egli è forzato a restar tale, se non vuole perdere i mezzi per vivere. Mentre nella società comunista, in cui ognuno non ha un cerchio esclusivo di attività, non può perfezionarsi in vari settori a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo dà ad ognuno la possibilità di fare oggi questo, domani quello» (vedi L’Ideologia tedesca, Vol. 1°, I / Feuerbach). E’ il solito concetto che ritorna. Questa è l’edizione Costes, ma non siamo riusciti a trovare la citazione. Quindi non vi posso dare il riferimento alla edizione Rinascita. Qui c’è un poco di polemica con Stirner che Engels in questa edizione chiama Sancio perché era il fautore dell’individualismo, dell’io unico, dell’uomo che sovrasta tutto. «Anche questa volta, come sempre, Sancio (cioè Stirner) non ha fortuna con i suoi esempi pratici. Egli pensa che nessuno potrebbe ‘comporre al suo posto (di Mozart) le sue composizioni musicali, eseguire i suoi schizzi pittorici (di Raffaello). Nessuno può sostituire i lavori di Raffaello’. Sancio tuttavia dovrebbe sapere che non è lo stesso Mozart, ma un altro che ha composto la maggior parte e terminato completamente il Requiem di Mozart; che Raffaello non ha eseguito egli stesso che una parte minima dei suoi affreschi. Egli si immagina che quelli che si chiamano gli organizzatori del lavoro, vogliono organizzare l’attività intera di ciascun individuo, mentre sono essi precisamente che distinguono tra il lavoro direttamente produttivo, che bisogna organizzare, e il lavoro che non è direttamente produttivo. In quel che concerne questa ultima categoria, cioè il lavoro improduttivo, essi non pensano, come immagina Sancio, che ognuno si debba sostituire a Raffaello, ma che ognuno che porti in sé un Raffaello debba potersi liberamente sviluppare». Chi sa quanti Mozart e quanti Raffaello non si sono potuti sviluppare perché li hanno chiusi stupidamente in una bottega, in un atelier, a svolgere un’altra mansione. «Sancio s’immagina che Raffaello abbia eseguito le sue pitture indipendentemente dalla divisione del lavoro che esisteva a Roma, alla sua epoca. Se egli compara Raffaello a Leonardo da Vinci e a Tiziano egli vedrà a qual punto le opere d’arte del primo sono state condizionate dallo sviluppo di Roma dovuto allora all’influenza fiorentina; come quelle di Leonardo sono state condizionate dallo stato sociale di Firenze e, più tardi, quelle di Tiziano dello sviluppo completamente differente di Venezia. Raffaello, come ogni altro artista, è stato condizionato dai progressi tecnici dell’arte, compiuti prima di lui, dall’organizzazione della società e dalla divisione del lavoro nel suo paese, e finalmente dalla divisione del lavoro in tutti i paesi con i quali il suo era in rapporto. Che un individuo come Raffaello possa sviluppare il suo talento, ciò dipende interamente dalla domanda, la quale dipende a sua volta dalla divisione del lavoro e dalle condizioni di educazione (ossia culturale) degli uomini che da essa derivano. Stirner, proclamando il carattere unico del lavoro scientifico ed artistico si piazza qui ben al di sotto della borghesia. Si è trovato necessario già nei nostri giorni di organizzare questa attività ‘unica’. Horace Vernet nemmeno avrebbe avuto il tempo di eseguire la decima parte dei suoi quadri se egli li avesse considerati come dei lavori ‘che solo questo essere unico può compiere’. La grande domanda di vaudevilles e di romanzi a Parigi (ecco la storia vera) ha fatto nascere una organizzazione di lavoro per la produzione di questi articoli che dà sempre migliori risultati dei suoi concorrenti ‘unici’ in Germania. Nel campo dell’astronomia uomini coma Arago, Herschel, Hencke e Bessel hanno trovato necessario organizzarsi per osservazioni in comune e solo dopo aver fatto ciò sono arrivati a qualche risultato soddisfacente» (vedi l'”Ideologia tedesca, vol. 1°, III/ San Max)” [‘Rapporto sulla teoria della conoscenza. Esposto alla Riunione generale di Casale Monferrato, luglio 1960’, ‘Comunismo’, n. 37 settembre-dicembre 1996]
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- Articolo pubblicato:22 Agosto 2016