“C’è da premettere, (…), che quando si fa in genere una citazione occorre tener presente la portata teorica dei riferimenti. In altri termini, vi sono dei riferimenti ad una realtà contingente, quali quelli che si possono ricavare citando il ‘Manifesto’ o la ‘Critica del programma di Gotha’, e altri che si riferiscono a tutto lo sviluppo della classe (si vedano per esempio le seguenti citazioni tratte dall”Ideologia tedesca’); si potrebbe dire altrettanto quando ci si riferisce allo Stato, al capitale, ecc. Dunque: «1°. Nello sviluppo delle forze produttive si presenta uno stadio nel quale vengono fatte sorgere forze produttive e mezzi di relazione che nelle situazioni esistenti fanno solo del male, che non sono più forze produttive ma forze distruttive (macchine e denaro) e, in connessione con tutto ciò, viene fatta sorgere una classe che deve sopportare tutti i pesi della società, forzata al più deciso antagonismo contro le altre classi; una classe che forma la maggioranza di tutti i membri della società e dalla quale prende le mosse la coscienza della necessità di una rivoluzione che vada al fondo, la coscienza comunista, la quale naturalmente si può formare anche fra le altre classi, in virtù della considerazione della posizione di questa classe; 2°. Le condizioni entro le quali possono essere impiegate determinate forze produttive sono le condizioni del dominio di una determinata classe della società, la cui potenza sociale, che scaturisce dal possesso di quelle forze, ha la sua espressione ‘pratico’-idealistica nella forma di Stato che si ha di volta in volta, e perciò ogni lotta rivoluzionaria si rivolge contro una classe che fino allora ha dominato; 3°. In tutte le rivoluzioni sinora avvenute non è mai stato toccato il tipo dell’attività, e si è trattato soltanto di un’altra distribuzione di questa attività, di una nuova distribuzione del lavoro ad altre persone, mentre la rivoluzione comunista si rivolge contro il ‘modo’ dell’attività che si è avuta finora, sopprime il ‘lavoro’ e abolisce il dominio di tutte le classe insieme con le classi stesse, poiché essa è compiuta dalla classe che nella società non conta più come classe, che non è riconosciuta come classe, che in seno alla società odierna è già l’espressione del dissolvimento di tutte le classi, nazionalità, ecc.; 4°. Tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista quanto per il successo della cosa stessa è necessaria una trasformazione in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico, in una ‘rivoluzione’; quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto perché la classe ‘dominante’ non può essere abbattuta in nessun’altra maniera, ma anche perché la classe che l”abbatte’ può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società» (2). Notiamo che nello stesso periodo Marx non disconosceva il problema del partito. Già in ‘Per la critica della filosofia del diritto’ egli parla del partito filosofico che deve lottare contro lo ‘status quo’ tedesco; più tardi rimprovererà a Feuerbach di parlare del comunismo in modo astratto, mentre il comunista è il membro di un partito comunista. («Nelle province renane, (…) esse (le classi medie) decisero l’alleanza col partito filosofico di cui abbiamo prima parlato. Il risultato di questa alleanza fu la ‘Rheinische Zeitung…» (3). E’ dunque chiaro che Marx ed Engels, esaminano qui il movimento nella sua totalità e non nell’immediato. Ebbene, in questa lunga citazione vediamo espressi due elementi che oggi appaiono manifesti: negazione del lavoro in quanto modo dell’attività comune a tutte le società di classe da un lato, e dall’altro l’esistenza di una classe che non si manifesterà più essa stessa come classe; per cui al limite, l’ultima rivoluzione classista sarà allo stesso tempo aclassista, e tale essa si manifesterà. «Queste condizioni di vita preesistenti in cui le varie generazioni vengono a trovarsi decidono anche se la scossa rivoluzionaria periodicamente ricorrente nella storia sarà o no abbastanza forte per rovesciare la base di tutto ciò che è costituito, e qualora non vi siano questi elementi materiali per un rivolgimento totale, cioè da una parte le forze produttive esistenti, dall’altra la formazione di una massa rivoluzionaria non solo contro alcune condizioni singole della società fino allora esistente, ma contro la stessa “produzione della vita” come è stata fino a quel momento, la “attività totale” su cui questa si fondava, allora è del tutto indifferente, per lo sviluppo pratico, se l’idea di questo rivolgimento sia già stata espressa mille volte: come dimostra la storia del comunismo» (4). (…) «Il proletariato può dunque esistere soltanto sul piano ‘della storia universale’, così come il comunismo, che è la sua azione, non può affatto esistere se non come esistenza storica universale» (5)” [Jacques Camatte, ‘Discontinuità e immediatismo’, Palermo, 1978] [(2) Marx-Engels, ‘L’ideologia tedesca’, in ‘Opere complete’, Roma, 1972, vol. V, pagg. 37-38; (3) F. Engels, ‘Rivoluzione e controrivoluzione in Germania’, in Marx-Engels, ‘Le Opere’, Roma, 1974, p. 607; (4) Marx-Engels, ‘L’ideologia tedesca’, op. cit, pag. 40; (5) Id. pag. 34]