“Ancora nel 1972 vi erano non meno di sei milioni di lavoratori occupati a tempo pieno che guadagnavano meno di due dollari l’ora, ciò significa che lavorando 40 ore per settimana per 50 settimane l’anno essi guadagnavano meno di 4.000 dollari. Questi sei milioni di lavoratori erano chiaramente al di sotto del limite di povertà (…). Non vi è dubbio che la gran parte di questi sei milioni di lavoratori potrebbero essere inclusi non troppo arbitrariamente nella categoria della disoccupazione nascosta, anche se questo sarebbe abbastanza fuorviante per la loro grande maggioranza. Essi sono occupati nel vero e proprio senso della parola, e cioè sono lavoratori che ricevono un salario e producono plusvalore ed in quanto gruppo costituiscono un settore preciso della forza-lavoro. Oltre a ciò, e diversamente dai disoccupati nascosti, dal punto di vista del capitale essi sono assolutamente indispensabili per l’esistenza di molte imprese capitalistiche che nel loro insieme giocano un ruolo importante nel funzionamento dell’economia capitalista. L’entità di questa importanza non può essere assolutamente misurata con il metro del loro reddito  o di quello dei loro datori di lavoro, la maggior parte dei quali sono piccoli capitalisti che vivono pressoché nelle stesse condizioni dei lavoratori loro dipendenti. Ciò che occorre tenere costantemente presente è che questi lavoratori sono impiegati in settori al alta concorrenzialità di una economia sempre dominata dai monopoli. Il risultato è che una buona parte, se non la maggior parte (…) del plusvalore ‘prodotto’ in questi settori produttivi concorrenziali è ‘drenato all’esterno’ e ‘realizzato’ nei settori monopolizzati dell’economia. E non è soltanto questa l’unica ragione per cui questa parte supersfruttata e funzionante a livelli inferiori allo standard generale dell’economia è importante per il grande capitale. L’esistenza di un grande numero di lavoratori con bassi salari, sempre disponibili ed ansiosi di ottenere un lavoro meglio pagato appena possibile, agisce come un potente freno sul potere contrattuale dei lavoratori meglio pagati nel settore monopolistico del sistema. In questo senso il sottoccupato, senza cessare di far parte della forza-lavoro attiva, funziona come parte dell’esercito di riserva o del relativo surplus della popolazione di cui Marx ha detto: «La sovrapopolazione relativa è quindi lo sfondo sul quale si muove la legge della domanda e dell’offerta di lavoro. Essa costringe il campo d’azione di questa legge entro i limiti assolutamente convenienti alla brama di sfruttamento e alla smania di dominio del capitale» (1)” [Harry Magdoff Paul M. Sweezy, ‘La fine della prosperità in America’, Roma, 1979] [(1) K. Marx, Il capitale, I, cit., p. 699]