“Di rado passa un anno senza che Marx non venga definitivamente “superato” da qualche solerte libero docente o da qualche filosofo alla moda. La lotta mortale condotta di necessità dalla società borghese, si svolge anche sul terreno ideologico. All’osservatore attento questi superamenti del marxismo mostrano un volto sempre uguale. Muta il tenore della dimostrazione, anche le argomentazioni gnoseologiche e metafisiche sembrano essere nuove, ma il carattere fondamentale, il punto di partenza, gli scopi finali restano costantemente gli stessi. Essi derivano dalla natura piccolo-borghese-parassitaria della condizione di classe degli intellettuali. Da autentici piccolo-borghesi, i dotti non sono in grado di vedere correttamente il dato stesso della lotta di classe, per tacere poi della possibilità di valutarlo correttamente. Come dice Marx, essi richiedono delle istituzioni “non come mezzi per eliminare entrambi gli estremi, il capitale e il lavoro salariato, ma come mezzi per attenuare il loro contrasto e trasformarlo in armonia” (1). Non essendo altro che parassiti all’interno dello stato capitalistico, esso si riflette nel loro pensiero come fatto assoluto o come l’Assoluto puro e semplice. Quindi contrappongono alla teoria di Marx una qualche utopia che, spogliata delle frasi più o meno altisonanti, si riduce all’esaltazione dell’organizzazione statale esistente. L’ultimo Grande di questa nobile schiera è Oswald Spengler, filosofo alla moda, il cui libro ‘Il tramonto dell’Occidente’, a tratti acuto ma da cima a fondo dilettantesco, ha recentemente riscosso quel successo che sarebbe spettato, a dire il vero, alla profonda opera di Ernst Bloch ‘Spirito dell’utopia’. L’ultimo volume del signor Spengler, ‘Prussianesimo e socialismo’, intende “liberare il socialismo tedesco da Marx” (p. 4). Infatti Marx non ha visto il grande problema di filosofia della storia dell’era moderna che il nostro filosofo così riassume: “tre popoli dell’Occidente hanno incarnato il socialismo in modo creativo: lo spagnolo, l’inglese e il prussiano. A Parigi e a Firenze, si è formato il rovescio anarchico in altri due popoli: l’italiano e il francese” (p. 26). Marx dunque non era in grado di fare le due seguenti scoperte fondamentali: primo che nella Rivoluzione Francese non ci fu lotta di classe (pp.14-15); che non esiste borghesia francese perché “ogni vero francese era ed è ancor oggi un borghese. Ogni vero tedesco è un operaio” (p. 10); che in Francia non esistono vere e proprie classi (p. 70). La seconda scoperta è che in Inghilterra non vige lo stato (pp. 32-33); che soltanto l’Inghilterra conosce un vero capitalismo (p. 48) e che perciò solo in essa si può avere una distinzione in classi. Così il superficiale Marx che ha distinto le classi a seconda della loro posizione nel processo di produzione, viene approfondito e superato; la divisione in classi deriva dai rapporti di possesso, diventa una contrapposizione tra ricchi e poveri (pp. 44-5). Il povero Marx a cui sfuggì tutto ciò, non poté di conseguenza neanche vedere che il socialismo da lungo tempo era stato realizzato nel regno di Prussia. Così non era in grado di comprendere il problema dello Stato (p. 75); ciò spiega il suo “elogio dilettantesco” della Comune del 1871 (p. 75) e il mancato apprezzamento del vero sistema dei Consigli che il Barone Von Stein aveva progettato cento anni prima (p. 61). (…) Vale la pensa di criticare scritti come questi? Se li consideriamo dei sintomi, non sono privi di interesse (…)” [György Lukacs, a cura di Giovanni Spagnoletti, Cultura e rivoluzione. Saggi 1919-1921, Roma, 1975] [(1) K. Marx, ‘Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’ (in) K. Marx – F. Engels, Opere, Roma, 1966 p. 517]