“Al capitale bancario si può dunque riconoscere un predominio sull’industria solo nel momento del passaggio dal capitalismo concorrenziale al capitalismo monopolistico (41). Nel periodo immediatamente successivo la base del predominio di un ristretto gruppo di grandi azionisti è ancora rappresentata dal capitale industriale. L’errore di Hilferding sulla funzione del capitale finanziario sta nel fatto che egli, come Rosa Luxemburg, volge la sua attenzione ai processi che si verificano all’interno della sfera della circolazione, trascurando le modifiche risultanti nell’ambito della produzione. E’ questa anche la critica di Lenin, quando a proposito della definizione data da Hilferding del capitale finanziario come “capitale messo a disposizione delle banche perché possa essere utilizzato dall’industria” (42) scrive: “Questa definizione è incompleta, in quanto si manca l’accenno a uno dei fatti più importanti, cioè alla crescente concentrazione della produzione e del capitale in misura tale da condurre al monopolio”. Invece Lenin vede la genesi del capitale finanziario e il contenuto di questo concetto nella concentrazione della produzione, nella conseguente formazione di monopoli e nella fusione e simbiosi delle banche con l’industria (43). Da questa unilaterale derivazione del capitale finanziario dai rapporti di scambio dipende anche l’errata interpretazione che Hilferding dà della teoria marxiana della crisi economica. Subendo in questo l’influenza di Tugan-Baranowskij (44), Hilferding spiega le crisi economiche non in base alla contraddizione fra il carattere sociale della produzione e il carattere capitalistico dell’appropriazione, ma con le condizioni specificamente capitalistiche della circolazione delle merci. Le crisi quindi, secondo Hilferding, non sono altro che turbamenti dell’equilibrio, sproporzioni fra le singole sfere di produzione. Anche Marx riconosce la sproporzione come un momento della crisi, ma secondo la sua dottrina la causa ultima della crisi resta sempre “la povertà e i limiti posti al consumo delle masse di fronte all’impulso della produzione capitalistica a sviluppare le forze produttive in modo tale che solo l’assoluta capacità di consumo della società ne costituisca i limiti” (45). Alla teoria della sproporzione è strettamente collegata in Hilferding l’ipotesi che un cartello generale potrebbe regolare consapevolmente l’intera produzione capitalista, superando così l’anarchia del sistema capitalistico di produzione. Il verificarsi di tale ipotesi renderebbe superflua una soluzione rivoluzionaria delle contraddizioni insite nell’ordinamento sociale esistente: il che convaliderebbe la speranza che si possa giungere a un ordinamento socialista attraverso riforme pacifiche. Purtroppo questa ipotesi è utopistica” [Wilfried Gottschalch, Sviluppo e crisi del capitalismo in Rudolf Hilferding, Annali Feltrinelli, anno 1973, Milano 1974] [(41) Al proposito anche Henry Grossmann, Das Akkumulations- und Zusammenbruchgesetzt des kapitalistischen Systems, Leipzig, 1929, pp. 572 sgg.; (42) R. Hilferding, Das Finanzkapital, cit, p. 296; (43) Lenin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo (1916), in ‘Opere complete’, Roma, 1966, vol 22, p. 227; (44) Cfr. Michael Tugan-Baranowsky, Studien zur Theorie und Geschichte der Handelskrisen in England, Jena, 1901; (45) Per la critica della teoria della sproporzione si veda Natalie Moszkowska, ‘Zur Kritik moderner Krisentheorien, Prag, 1935] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:22 Dicembre 2014