“Le astrazioni della scuola austriaca, come già era avvenuto, anche se a un livello ben più alto, per i classici dell’economia politica, sono sempre delle astrazioni “generiche”, costruite dimenticando, o meglio presupponendo e quindi non spiegando, i tratti specifici della produzione capitalistica e pensando di poterli dedurre dalle condizioni generali della produzione naturale. (…) L’astrazione marxiana, invece, è sempre costruita “salendo” dall’astratto al concreto; se il capitale viene ‘dedotto’ dalla merce, e questo rappresenta nella storia del capitale l’elemento della continuità, esso però non può venire ridotto alla merce in quanto elemento specifico della sua natura è un tratto nuovo che, quando si afferma nella produzione, annulla i presupposti su cui si è formato. Come scrive Marx: ogni capitale è una somma di merci, ma non ogni somma di merci è capitale: una somma di merci diventa capitale in quanto “essa, come ‘forza sociale’ indipendente, cioè forza ‘di una parte della società’, si conserva e si accresce attraverso lo ‘scambio’ con la forza-lavoro vivente, immediata. L’esistenza di una classe che non possiede null’altro che la capacità di lavorare, è una premessa necessaria del capitale”. Il capitale nasce dallo sviluppo della forma di merce e dalla sua estensione, nella società dei produttori “liberi”, alla forza-lavoro; ma quando esiste il capitale non esiste più la merce della produzione mercantile, ‘presupposto generico del capitale’, bensì la merce capitalistica ‘risultato specifico della vita del capitale’ (24). L’analisi marxiana della società capitalistica si rivela, come scrive Bucharin, “la risultante della combinazione del metodo astratto-deduttivo e del metodo oggettivo”, soluzione del dilemma tra “storicismo e oggettivismo”. (…) Il Marx che esce indirettamente dalle pagine di Bucharin, durante l’analisi critica delle teorie della scuola austriaca, è appunto il pensatore rivoluzionario che entra nel vivo dell’economia politica per rovesciarne le premesse, là dove i limiti di classe di questa “scienza” erano oramai divenuti limiti teorici. Leva di questo ribaltamento è appunto la teoria del valore come teoria dell’alienazione, la ricostruzione del plusvalore come base del profitto e motore della crescita del capitale” [prefazione di A.G. Ricci al volume di N.I. Bucharin, L’economia politica del ‘rentier’, 1970] [(24) Per un’analisi dettagliata si veda L. Colletti, ‘Il marxismo e Hegel, Bari, 1969, parte II, cap. VIII (A.G. Ricci)]