“La politica piratesca del Governo britannico ha causato questo scoppio generale di violenza dei cinesi contro tutti gli stranieri gli ha dato un carattere di guerra di sterminio (7). Che può fare un esercito di fronte ad una popolazione che ricorre a tali metodi di combattere? Come deve fare a penetrare nel paese nemico e come deve fare a mantenervisi? Dei venditori di civiltà che gettano bombe arroventate su di una città indifesa (8) e sommano lo stupro all’assassinio possono anche chiamare questo sistema di combattere codardo, barbaro e atroce, ma che importa ai cinesi se solo avrà successo? Dal momento che gli inglesi li trattano come barbari, essi non possono privarsi dell’intero vantaggio che traggono da questa definizione. Se i loro rapimenti, sorprese e massacri notturni sono ciò che noi chiamiamo atti di codardia, i venditori di civiltà non dovrebbero dimenticarsi che, in accordo con quanto essi mostrano, i cinesi non potrebbero opporsi efficacemente ai sistemi europei di distruzione con i loro metodi tradizionali di combattimento. In breve, invece di fare della morale sulle terribili atrocità commesse dai cinesi, come fa cavallerescamente la stampa inglese, dovremmo riconoscere che questa a una guerra ‘pro aris et focis’, una guerra di un popolo che vuole mantenere la nazionalità cinese, con tutti i suoi arroganti pregiudizi, la sua stupidità, la sua dotta ignoranza e la sua pedante barbarie, se così vi piace, ma tuttavia, pur sempre una guerra di popolo. In una guerra di questo tipo, i mezzi usati da una nazione che si ribella non possono essere misurati con il metro comune di una guerra regolare, né con qualsiasi altro modello astratto, ma solo con il grado di civiltà raggiunto dalla nazione che insorge. Gli inglesi sono questa volta in una posizione difficile. Fino ad ora il fanatismo nazionalista cinese sembra estendersi più in là di quelle province meridionali che non hanno aderito alla grande rivolta (9). Rimarrà una guerra confinata a queste?” [Karl Marx, Persia e Cina, New York Daily Tribune, 5 giugno 1857] [Karl Marx, Sulla Cina. Articoli apparsi sul New York Daily Tribune dal 1853 al 1860, Milano, 1970] [(7) Cfr. The Times, 25 aprile 1857: “La ‘vendetta’ cinese si è estesa a tutto l’Arcipelago. Qualche tempo fa Singapore… rischiò la distruzione a causa dell’insurrezione dei numerosissimi cinesi che la abitano (…). Le migliaia di cinesi di Singapore, della Malacca, delle Indie orientali e dell’Australia sono a questo punto incitati a una guerra di sterminio contro di noi. Migliaia di barbari fanatici stanno preparando veleno, fuoco e coltelli per noi… non rimane che punire gli oltraggi di questa razza senza fede servendoci… di tutte le forze dell’Impero” (…); (8) ‘Venditori di civiltà… bombe arroventate…’ “Ricordo a Vostra Eccellenza che senza che gli inglesi subissero alcuna offesa da parte della popolazione di Canton, Vostra Eccellenza fece improvvisamente fuoco sulla città, e Vi domando se questo sia il modo di far guerra in uso in un grande stato, o se questo sia il sistema di diffondere la civiltà” (Yen all’Ammiraglio Seymour 11 novembre 1856, fonte citata). Gli inglesi lanciarono “caraasse (bombe incendiarie) e spezzoni incendiari” su Canton; (9) La rivolta dei Taiping (pag. XIX, XXII) che teneva costantemente occupate le forze imperiali cinesi e non era diretta contro gli stranieri]