“[Croce] proponeva ormai una prospettiva critica. “Nell’opera di Marx, c’è una filosofia e c’è un complesso di consigli pratici”. “Delle due parti, quale merita maggiore considerazione?” “E, caduta la prima sotto i colpi della critica, la seconda è anch’essa distrutta?” (26). Per parte sua, e nel rispondere alla prima quistione, egli non esitava a dare principale rilievo a quello che denominava il “complesso di consigli pratici”. Gli sembrava che il Marx avesse avuto personalità interessi tendenze, e che di conseguenza avesse svolto opera precipuamente di uomo politico. Il suo pensiero scientifico, diretto a creare un nuovo metodo di rivoluzione sociale, gli appariva anch’esso sottomesso presso che interamente all’azione. Persino molte proposizioni filosofiche e storiche, l’intendimento delle quali gli era parso finora ignoto o dubbio, riteneva che potessero ricevere da questo punto di vista nuova luce. Così le soluzioni fornite ai problemi gnoseologico, e della religione, della vita sociale, della famiglia, si rivelavano, a suo parere, espressione delle tendenze pratiche di ‘rivoluzionari’ che si proponevano non di interpretare variamente il mondo, sì di cambiarlo. Che la filosofia hegeliana fosse stata capovolta dal marxismo prendeva appunto questo significato: che la filosofia, contemplazione della vita quale essa è, e di cui l’hegelismo pretendeva di essere l’ultima e definitiva manifestazione, fosse stata sostituita dall’attività pratica rivoluzionaria, creatrice e rinnovatrice della vita quale essa deve essere. Solo in questo senso, i lavoratori intesi come la nuova classe politica sorta sulla rovina del mondo feudale capitalistico, potevano considerarsi, secondo le parole dell’Engels, gli eredi della filosofia classica tedesca” [Aldo Mautino, La formazione della filosofia politica di Benedetto Croce, 1953] [(26) ‘Conversazioni’, I, pp. 282-83, 297-300; e ‘Materialismo storico’, pp. 58, 165]