[Marx] continua poi: “Immaginiamoci infine, per cambiare, un’associazione di uomini liberi che lavorino con mezzi di produzione comuni…Qui si ripetono tutte le determinazioni del lavoro di Robinson [Crusoé], però ‘socialmente’ invece che ‘individualmente’…. Il prodotto complessivo dell’associazione è prodotto ‘sociale’. Una parte serve a sua volta da mezzo di produzione. Rimane sociale. Ma un’altra parte viene consumata come mezzo di sussistenza dai membri dell’associazione. Quindi deve essere ‘distribuita’ fra di essi. Il ‘genere’ di tale distribuzione varierà col variare del genere particolare dello stesso organismo sociale di produzione e del corrispondente livello storico di sviluppo dei produttori. Solo per mantenere il parallelo con la produzione delle merci presupponiamo che la partecipazione di ogni produttore ai mezzi di sussistenza sia determinata dal suo ‘tempo di lavoro’. Quindi il tempo di lavoro reciterebbe una doppia parte. La sua distribuzione, compiuta socialmente secondo un piano, regola l’esatta proporzione delle differenti funzioni lavorative con i differenti bisogni. D’altra parte, il tempo di lavoro serve contemporaneamente come misura della partecipazione individuale del produttore al lavoro in comune, e quindi anche alla parte del prodotto comune consumabile individualmente” (30). Ogni lavoratore dovrebbe godere di una libertà di scelta dei consumi entro limiti così determinati: “Egli riceve dalla società uno scontrino da cui risulta che egli ha prestato tanto lavoro (dopo la detrazione del suo lavoro per i fondi comuni), e con questo scontrino egli ritira dal fondo sociale tanti mezzi di consumo quanto costa il lavoro corrispondente” (31). L’importanza del problema della distribuzione delle risorse viene affermata molto chiaramente in una lettera scritta nel 1868 a Kugelmann: “che sospendendo il lavoro, non dico per un anno, ma solo per un paio di settimane, ogni nazione creperebbe, è una cosa che ogni bambino sa. E ogni bambino sa pure che le quantità di prodotti, corrispondenti ai diversi bisogni, richiedono quantità diverse, e quantità definite, del lavoro sociale complessivo. Che questa ‘necessità’ della ‘distribuzione’ del lavoro sociale in proporzioni definite, non è affatto annullata dalla ‘forma definita’ della produzione sociale, ma solo può cambiare il ‘suo modo di apparire, è ‘self-evident’. Le leggi della natura non possono mai essere annullate. Ciò che può mutare in condizioni storiche diverse non è che la ‘forma’ con cui quelle leggi si impongono. E la forma con cui questa distribuzione proporzionale del lavoro si afferma, in una data situazione sociale nella quale la connessione del lavoro sociale si fa valere come ‘scambio’ privato dei prodotti individuali del lavoro, è appunto il ‘valore di scambio’ di questi prodotti” (32)”” [Oskar Lange, La distribuzione delle risorse nel socialismo vista dalla letteratura marxista. Appendice.] [(in) ‘Teoria economica e economia socialista’, raccolta di testi di un dibattito di Maurice Dobb, Oskar Lange e Abba P. Lerner, 1972] [(30) Il Capitale, I, 1, pp. 110-111; (31) Critica al programma di Gotha, in ‘Opere scelte’, a cura di L. Gruppi, 1969, p. 960; (32) Lettere a Kugelmann, Roma, 1950, p. 138. (…)]