“L’esistenza di tali diseguaglianze è del tutto consona alla distinzione fatta da Marx in un famoso passo nella sua ‘Critica al Programma di Gotha’ del 1875 tra i due stadi del socialismo (ora generalmente indicati rispettivamente come socialismo e comunismo). Nel primo di questi stadi le differenze di reddito continuerebbero ad esistere a seconda  della quantità e natura del lavoro fatto. Il singolo lavoratore riceve dalla società “esattamente ciò che le dà… la sua quantità individuale di lavoro”, dopo le necessarie detrazioni per l’investimento, per “i servizi non-produttivi” come la salute, l’istruzione e l’amministrazione, per le pensioni e per un “fondo di riserva o di assicurazione contro gli infortuni”. Solo a uno stadio più alto “dopo che il lavoro non è divenuto soltanto mezzo di vita ma anche il primo bisogno della vita; dopo che con lo sviluppo onnilaterale degli individui sono cresciute anche le forze produttive e tutte le sorgenti della ricchezza collettiva scorrono in tutta la loro pienezza”, si realizzerà  la superiore giustizia della distribuzione che avverrà secondo le sue capacità (1)” [Maurice Dobb, Economia del benessere ed economia socialista, 1972] [(1) ‘Critica al programma di Gotha, trad. it., pp. 960-962. “Forse si potrebbe dire che le affermazioni di Marx si riferiscono solo alle differenze di salario dovute alle differenti quantità di sforzo erogato (compreso quello implicato nell’addestramento per un’occupazione) e alle differenti penosità implicite nelle varie occupazioni, ma non alle differenze di salario dovute a temporanee scarsità. (…)” (M. Dobb)]