“Ne fa fede la stessa pagina labriolana. “La previsione storica, (…) sta in fondo alla dottrina del Manifesto, e che il comunismo critico ha poi in seguito ampliata e specificata con la più larga e più minuta analisi del mondo presente” (A. Labriola, La concezione materialistica della storia). Lo stesso passaggio che contraddistingue il socialismo utopistico da quello scientifico, mostra chiaramente la forza storica di questo davanti ai velleitarismi umanistici e utopistici fino ad allora succedutisi. Non più dunque Fra Dolcino che “era sorto di nuovo a levare per le terre il grido di battaglia, per la profezia di Gioacchino da Fiore… Non più Taborriti e Millenarii. Non più Fourier” o “Owen e Cabet, fino alla impresa dei Fourieristi nel Texas, che fu la catastrofe anzi la tomba, dell’utopismo…Qui non è più la setta, che in atto di religiosa astensione si ritragga pudica e timida dal mondo, per celebrare in chiusa cerchia la perfetta idea della comunanza; come dai Fraticelli giù giù alle colonie socialistiche di America. Qui, invece, nella dottrina del comunismo critico, è la società tutta intiera, che in un momento del suo processo generale scopre la causa del suo fatale andare, e, in un punto saliente della sua curva, fa luce a sé stessa per dichiarare la legge del suo movimento. La previsione, che il Manifesto per la prima volta accennava, era, non cronologica, di preannunzio o di promessa; ma era, per dirla in una parola, che a mio avviso esprime tutto in breve, ‘morfologica’” (idem)” [Alberto Signorini, Il giovane Gentile e Marx, 1966]