“Da quando la borghesia è diventata conservatrice, soltanto dal punto di vista proletario è ancora possibile una teoria materialistica dello sviluppo sociale. E’ vero, il nuovo materialismo dialettico è un materialismo di tipo particolare, che si differenzia sostanzialmente da quello legato alle scienze naturali. Qualcuno dei suoi partigiani ha perciò espresso il desiderio di sostituire la parola materialismo con un’altra, per evitare malintesi. Ma se Marx ed Engels tennero fermo alla parola materialismo, ciò avvenne, in ogni caso, per la stessa ragione per cui si rifiutarono di ribattezzare il loro ‘Manifesto dei comunisti’ in Manifesto dei socialisti. La parola socialismo copre oggi una merce così variopinta, che vi rientrano anche il socialismo cristiano e nazionale di ogni tipo; la parola comunismo definisce inequivocabilmente e chiaramente lo scopo del proletariato, che lotta nella battaglia rivoluzionaria per la sua emancipazione. Così anche in una definizione di materialismo dialettico come “monismo” o “criticismo” o “realismo” andrebbe perduto qualsiasi contrasto col mondo borghese. La parola “materialismo” invece ha sempre significato, da quando il cristianesimo è diventato la religione dominante, una filosofia di ‘lotta’ contro i poteri dominanti. Perciò esso è caduto in discredito presso la borghesia, ma proprio per questo noi, fautori della filosofia proletaria nel suo molteplice sviluppo, abbiamo ogni motivo per tener fermo a questo nome per la nostra filosofia, nome che può esser giustificato anche in maniera concreta. E una concezione dell’etica che nasca da questa filosofia può presentarsi come etica materialistica” [Karl Kautsky, Etica e concezione materialistica della storia, 1975]