“Nel 1852, Marx aveva ancora ragionato per pura analogia: poiché la storia delle crisi c’insegna che l’accumulazione d’un eccesso di capitali nelle banche stimola la speculazione sino al parossismo, e che questo surriscaldarsi della congiuntura precede di poco la crisi (21), l’eccesso di capitali che esiste dal 1852 deve necessariamente stare ad indicare una prossima crisi. Qualche mese più tardi, nel gennaio del 1853, è però già portato a correggere tale impressione (22). Nonostante questa errata previsione, l’analisi della congiuntura economica del 1852 contiene degli elementi validi, in particolare la seguente pertinente osservazione, che ha conservato il suo valore sino all’epoca contemporanea: “Non si è mai dato un periodo di prosperità nel corso del quale essi [gli ottimisti borghesi] non abbiano colto l’opportunità di dimostrare che ‘questa volta’ l’implacabile destino sarebbe stato vinto. Ma il giorno in cui scoppiò la crisi, simulavano l’innocenza e attaccavano con moralistica indignazione e banali rimproveri il commercio e l’industria perché non avevano fatto prova di sufficiente precauzione e previdenza (23). Quanto poi alla “crisi” del 1854-55, l’errore di Marx fu anche più perdonabile, perché non derivò semplicemente da ragionamenti per analogia o da deduzioni astratte. Ci fu effettivamente una crisi di sovrapproduzione dell’industria cotoniera, causata specialmente da una diminuzione delle esportazioni verso l’Australia (dove nel corso dei due anni precedenti c’era stata una speculazione eccessiva in seguito al ‘boom’ dell’oro). Ci furono anche gravi fluttuazioni sul mercato monetario, causate da una brusca caduta dell’apporto dell’oro americano e australiano. Numerosi  fallimenti nei paesi d’oltremare altri ne produssero di importanti ditte britanniche. Nondimeno, come precisa Rjazanov nel suo commento agli articoli di Marx del gennaio 1855 (24), non si trattava d’una crisi ‘generale’ bensì d’una crisi ‘parziale’, nel corso della quale s’è rivelato ancora una volta il ruolo ‘autonomo’ del fattore monetario. Nei suoi articoli del gennaio 1855, Marx sottolinea la eccezionale importanza dei mercati americano ed australiano per l’espansione della produzione industriale e delle esportazioni britanniche. (…) L”aumento’ delle esportazioni britanniche, ch’era stato di oltre 50 milioni di sterline in quel decennio, risultava dunque assorbito ‘per circa l’80%’ dai due “nuovi” mercati d’oltremare. Dal momento che questo ‘boom’ delle esportazioni sembrava ora cessato, non si poteva pensare che fosse l’intera fase di prosperità ad essere colpita a morte? Come si vede, in quel momento, l’errore di previsione di Marx s’era fondato su basi più solide di quello del 1853. Quel che l’autore del ‘Capitale’ aveva stavolta sottovalutato, era l”effetto stimolante della guerra di Crimea’ sulla congiuntura economica. L’esperienza storica fornisce qui un esempio di quel che Rosa Luxemburg chiamerà più tardi il ruolo di “sbocco sostitutivo” che le commesse dello stato possono svolgere rispetto agli sbocchi esterni (25). Le forniture all’esercito e lo sviluppo dell’industria bellica hanno largamente compensato la contrazione delle esportazioni  verso l’Australia. D’altra parte, Marx più tardi l’ha riconosciuto, poiché nel terzo volume del ‘Capitale’ classifica gli anni 1854 e 1855 tra quelli di prosperità. Ma l’anno seguente l’analisi del ‘boom’ effettuata prima da Engels (lettera a Marx del 14 aprile 1856), poi da Marx (lettera ad Engels del 26 settembre 1856) risulta corretta (26). Un “magnifico ‘crack'” (Engels a Marx, 29 ottobre 1857) (27) gli succede spalancando le porte alla crisi. Stavolta i due amici erano dotati delle conoscenze e in possesso dei dati empirici necessari per seguire passo passo lo sviluppo della crisi. La crisi del 1857-58 era d’altra parte più generale di quelle precedenti: s’estendeva su un’area geografica più larga e toccava tutti i rami dell’industria. E’ nel corso dello studio della crisi del 1857-58 che Marx scopre per la prima volta i rapporti tra la durata del ciclo e quella della riproduzione del capitale fisso. Pone in proposito un quesito ad Engels nella sua lettera del 2 marzo 1859, e l’amico gli risponde diffusamente due giorno dopo (28). Così il circolo è chiuso, e Marx ed Engels correggono ora nel senso del ciclo decennale l’erronea supposizione d’un ciclo sessennale avanzata sette anni prima. Ormai solo la Cina appare a Marx come un possibile sbocco supplementare nel corso del ciclo che seguirà la crisi del 1857-58 (29); (…)”  [Ernest Mandel, La formazione del pensiero economico di Karl Marx. Dal 1843 alla redazione del Capitale. Studio genetico, 1969] [(21) K. Marx F. Engels, Gesammelte Schriften, vol. I, p. 33; (22) Ibid. pp. 64-72; (23) Ibid. p. 34; (24) Ibid., vol II, p. 500; (25) R. Luxemburg, L’accumulazione del capitale, Torino, 1968, pp. 455 sgg.; (26) K. Marx F. Engels, Carteggio, vol. II, pp. 416-17, 443-44; (27) Ibd., vol. III (1857-1860), Roma, 1951, p. 104; (28) Ibid., vol. III, pp. 180-81; 181-83; (29) Ibid., vol III, p. 241]