Dell’atteggiamento di Marx notiamo i momenti seguenti, caratteristici e significativi. 1. Contro l’opinione conservatrice di Hegel  che “la sovranità popolare fa parte di quelle idee confuse alla base delle quali c’è l”incolta’ rappresentazione di popolo” – Marx ritorce che “le “idee confuse” e la “incolta rappresentazione” si trovano solo in Hegel” (‘Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico’, 1843, postuma): e nella stessa opera, tutta pervasa dell’idea russoiana tipica della sovranità popolare, il popolo che è “rappresentato” nello Stato liberale è definito da M.: “popolo in miniatura” (in quanto “edizione di classe” della società civile); 2. nella ‘Questione ebraica’ (1844), tuttavia, Marx ci presenta come un quadro (“eccellente”) della borghese “astrazione dell’uomo politico” quel famoso passaggio del ‘Contratto sociale’ (II, 7) in cui è ben visibile lo sforzo del democratico Rousseau di integrare l’uomo “naturale”, astrattamente indipendente, nel corpo sociale,  e di tramutare così l’individuo-tutto, o individuo solitario della natura, nello individuo-parte che è il cittadino, l’uomo sociale (“Colui, dice infatti R. , che osa intraprendere la istituzione di un popolo deve sentirsi in grado di cangiare, per così dire, la natura umana, di trasformare ogni individuo, che, per se stesso, è un tutto perfetto e solitario, in una parte del tutto più grande, da cui questo individuo riceva in qualche modo la sua vita e il suo essere” etc.): e così si spiega (ma non si giustifica) che, giudicando il Rousseau politico all’inizio della ‘Introduzione’ (1857, postuma) agli ‘Elementi della critica dell’economia politica’ (1857-58, postumi), Marx non veda in Rousseau che l’adepto del diritto naturale, “che mette in rapporto e lega, per mezzo d’un patto, dei soggetti per natura indipendenti”, e semplicemente “anticipa” la “società borghese”; e però il ‘Contratto sociale’ rientrerebbe puramente nelle ‘Robinsonaden’ del XVIIImo secolo, con una critica delle quali si apre, appunto, la ‘Introduzione’ del ’57; 3. Nel ‘Capitale’ (I, III, c. 30), d’altra parte, Marx utilizza apertamente, nella analisi dell’espropriazione della “moltitudine dei piccoli produttori” da parte delle “grandi manifatture”, una critica (moralistica) dei ricchi che si trova in un passaggio del ‘Discorso sull’economia politica’ di Rousseau: passaggio che, riprodotto nella citazione marxiana, suona come segue: “Io permetterò – ‘dice il capitalista’ – che voi abbiate l’onore di servirmi, a condizione che voi mi darete il poco che vi resta per la pena che mi prendo di comandarvi” (…); 4. nella citata ‘Critica al Programma di Gotha’, quasi all’inizio, troviamo ricordato Rousseau come una specie di esempio tipico del sociologo semiutopista e semi-retore (…)” [Galvano Della Volpe, Critica marxista di Rousseau] [(in) Critica marxista, Roma, n° 2 marzo-aprile 1963]