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“Marx pensava dapprincipio che l’Irlanda non sarebbe stata liberata da un movimento nazionale, ma dal movimento operaio della nazione che l’opprimeva. Per Marx, i movimenti nazionali non sono un assoluto perché egli sa che soltanto la vittoria della classe operaia potrà portare alla completa liberazione di tutte le nazionalità. Calcolare preventivamente tutti i possibili rapporti reciproci fra i movimenti borghesi di liberazione nelle nazioni che opprimono (ed è proprio questo il problema che rende così difficile il problema nazionale nella Russia attuale) è cosa impossibile. Ma il mutare delle circostanze fa sì che la classe operaia inglese cade per un periodo abbastanza lungo sotto l’influenza dei liberali, accodandosi a loro e decapitandosi con la politica operaia liberale. Il movimento borghese di liberazione in Irlanda si rafforza ed assume una forma rivoluzionaria. Marx rivede la propria opinione e la corregge. “E’ una disgrazia per un popolo d’aver asservito un altro popolo”. La classe operaia, in Inghilterra, non si libererà finché l’Irlanda non si libererà del giogo inglese. Il servaggio dell’Irlanda rafforza ed alimenta la reazione in Inghilterra (così come l’asservimento di parecchie nazioni alimenta la reazione in Russia). E Marx, introducendo nella risoluzione dell’Internazionale l’espressione della simpatia per la “nazione irlandese”, per il “popolo irlandese” (l’intelligente L. Vl., probabilmente, avrebbe squalificato il povero Marx per aver dimenticato la lotta di classe!) propugna la ‘separazione’ dell’Irlanda dall’Inghilterra, “anche se dopo la separazione si arriverà alla federazione”. Quali sono le premesse teoriche di questa conclusione di Marx? In Inghilterra la rivoluzione borghese era già terminata da lungo tempo. Ma in Irlanda non era terminata; soltanto oggi, mezzo secolo dopo, le riforme dei liberali inglesi la conducono a termine. Se il capitalismo in Inghilterra fosse stato tolto di mezzo rapidamente, come Marx sperava dapprincipio, non vi sarebbe stato posto per un movimento democratico borghese, nazionale in Irlanda. Ma quando questo movimento sorge, Marx consiglia gli operai inglesi di sostenerlo, di dargli un impulso rivoluzionario, di spingerlo fino in fondo negli interessi della ‘loro propria libertà’. Intorno al 1860, i legami economici dell’Irlanda con l’Inghilterra erano certamente ancora più stretti di quelli esistenti fra la Russia e la Polonia, l’Ucraina, ecc. Che la separazione dell’Irlanda fosse “non pratica” e “irrealizzabile” (sia pure a causa delle condizioni geografiche e dell’immensa potenza coloniale dell’Inghilterra) era cosa evidentissima. Avversario, per principio del federalismo, Marx ammette la federazione (1) nel caso in questione, ‘purché’ alla liberazione dell’Irlanda si giunga non per la via riformista, ma per la via rivoluzionaria, con un movimento delle masse popolari irlandesi, sostenute dalla classe operaia dell’Inghilterra. E’ indiscutibile che soltanto una tale soluzione del problema storico avrebbe favorito gli interessi del proletariato e la rapidità dell’evoluzione sociale. Le cose sono andate diversamente. Sia il popolo irlandese che il proletariato inglese si dimostrarono deboli. Soltanto oggi, con pietosi accordi fra i liberali inglesi e la borghesia irlandese, si ‘risolve’ (e con quanti stenti, come dimostra l’esempio dell’Ulster) (2) il problema irlandese della riforma agraria (con l’indennizzo) e dell’autonomia (non ancora attuata). Ebbene? Bisogna dedurre che Marx ed Engels furono degli “utopisti”, che essi formularono delle rivendicazioni nazionali “irrealizzabili”, si lasciarono influenzare dai nazionalisti irlandesi piccolo-borghesi (il carattere piccolo-borghese del movimento “feniano” è indiscutibile) ecc. ? No. Anche nella questione irlandese Marx ed Engels condussero una politica proletaria conseguente che educava effettivamente le masse nello spirito della democrazia e del socialismo. Soltanto questa politica poteva risparmiare all’Irlanda e all’Inghilterra che le necessarie riforme, e le loro deformazioni da parte dei liberali a vantaggio della reazione, si prolungassero per mezzo secolo. La politica di Marx ed Engels nel problema irlandese è un grandissimo esempio – che ancor oggi conserva un’immensa importanza ‘pratica’ – del modo come il proletariato delle nazioni che ne opprimono altre deve comportarsi verso i movimenti nazionali, un esempio che ci mette in guardia contro “lo zelo servile” dei piccolo borghesi di tutti i paesi, di tutti i colori e di tutte le lingue, che si affrettano a chiamare “utopia” ogni mutamento dei confini dello stato, confini tracciati dalle violenze e dai privilegi dei grandi proprietari fondiari e della borghesia di una nazione. Se il proletariato irlandese e quello inglese non avessero accettato la politica di Marx, non avessero accettato come parola d’ordine la separazione dell’Irlanda, avrebbero dato prova del peggiore opportunismo, avrebbero dimostrato di aver dimenticato i compiti del democratico e del socialista, avrebbero fatto una concessione alla reazione ed alla borghesia ‘inglese’ [V.I. Lenin, Gli anni della reazione e della ripresa rivoluzionaria, 1950] [(1) Non è neppur difficile comprendere perché, da un punto di vista socialdemocratico, per diritto di “autodecisione delle nazioni” non si può intendere ‘né’ la federazione, ‘né’ l’autonomia (quantunque, parlando genericamente, l’una e l’altra passino per “autodecisione”). Il diritto alla federazione è in generale un nonsenso, poiché la federazione è un accordo tra due parti. E’ persino inutile dire che i marxisti non possono in nessun modo includere nel loro programma la difesa del federalismo. Per quanto riguarda l’autonomia, i marxisti difendono non “il diritto all'”autonomia”, ma l’autonomia ‘stessa’, come principio generale, universale dello stato democratico plurinazionale con stridenti differenze geografiche ed altre. Perciò riconoscere il “diritto delle nazioni all’autonomia” sarebbe assurdo come riconoscere il “diritto delle nazioni alla federazione” (Nota di Lenin); (2) Nell’Ulster, la provincia più settentrionale dell’Irlanda, i proprietari fondiari e la borghesia si erano opposti più energicamente che altrove alle riforme concesse tra la fine del XIX e il principio del XX secolo dal governo inglese sotto la spinta del movimento di liberazione nazionale]