“”Un tessuto di logica e di fuoco”, questo pamphlet di Lassalle, come egli stesso ebbe a definirlo: istrionico e penetrante, fantasioso e realistico ad un tempo. Ma che non incontra l’approvazione né di Marx né di Engels (1). Mentre sentimento nazionale e sentimento rivoluzionario si conciliano, in Lassalle, in una unica visione, non così in Marx e in Engels. Diffidano, Marx ed Engels, del sentimento nazionale, anche se aderiscono senza riserve al principio di nazionalità. Pensano che il moto nazionale può acquistare un carattere rivoluzionario solo se si converte in un moto sociale, se la palingenesi nazionale diviene palingenesi sociale: altrimenti rischia di divenire uno strumento al servizio della causa conservatrice (2). L’unità di misura, per il giudizio sulla situazione, non è, per Marx e per Engels, la nazionalità, bensì la rivoluzione (3). Quasi contemporaneamente al pamphlet di Lassalle, usciva ‘Po e Reno’ di Engels (4). Il suo scopo è, prima di tutto, di neutralizzare la suggestione che esercita sull’opinione pubblica  l’appello rivolto dall’Austria al sentimento nazionale germanico. Pubblica, Engels, il suo opuscolo, anonimo: sarà più efficace, se non se ne conoscerà la provenienza. Deve avere l’aspetto di una trattazione tecnica, suggerita da criteri di opportunità militare, non politica. “Bisogna che il pubblico creda che ne sia l’autore un grande generale”, suggerisce Marx (5). Lo scritto, infatti, si presenta come una confutazione della tesi austriaca, che la linea del Po è indispensabile dal punto di vista militare per la difesa della Germania; che la Germania ha bisogno del possesso dell’Adige, del Mincio, del Po per proteggere i suoi confini meridionali; che la minaccia al Po si risolve, in definitiva, un una minaccia al Reno; che la difesa del Po è difesa del Reno. Il che può anche essere vero – ammette Engels – sul piano politico. L’implacabile logica della sua posizione porta fatalmente Napoleone III ad una guerra per la conquista della riva sinistra del Reno. “E non è affatto necessario che questa guerra debba cominciare proprio sul Reno. Al contrario, il territorio in questione può essere completamente conquistato in Italia, o la sua conquista può incominciare in Italia, esattamente come la prima conquista di queste provincie fu completata grazie alle vittorie del generale Bonaparte in Lombardia” (6). Ma da punto di vista strategico, la tesi è insostenibile: Engels lo dimostra con una minuta, serrata argomentazione, l’argomentazione, appunto, di un tecnico. D’altronde – continua – Engels – sostenere, come l’Austria sostiene, la teoria della “copertura” dei confini con posizioni avanzate, porta al paradosso. A questa stregua, si giustifica egualmente la rivendicazione della riva sinistra del Reno da parte della Francia: il Bonaparte può sostenere che il Reno è per lui quello che l’Adige, il Mincio, il Po sono per noi. A questa stregua, si giustificano le rivendicazioni della Danimarca sull’Eider, e così via all’infinito. No, i veri confini strategici non sono quelli che pretendono certi militari: sono quelli segnati dalla natura, dalla lingua, dal carattere, dalle inclinazioni dei popoli. Forzare questi confini, vuol dire forzare la natura, ed esporsi ad un inevitabile scacco. Un ragionamento, che è valido in ogni circostanza; e che tanto più è valido per l’Italia. Il movimento nazionale italiano costituisce una incontenibile forza della natura, che finirà fatalmente col trionfare. Quale convenienza ha la Germania di aiutare l’Austria a mantenere delle posizioni insostenibili in Italia? Perché addossarsene il peso? Perché affrontare, per un inesistente vantaggio, l’incalcolabile danno di compromettersi per una causa ingiusta, di attirarsi l’inestinguibile rancore, l’implacabile odio degli italiani? E poi, combattere la nazionalità italiana vuol dire combattere, di riflesso la nazionalità tedesca. La Germania non deve barattare i suoi discutibili interessi sul Po e sul Mincio con il suo interesse più vitale, l’unità nazionale: con l’unità, non vi sarà alcun bisogno, per la Germania, del Po e del Mincio. Rimanere, dunque, fuori dalla lotta: questa è la conclusione di Engels, che Marx pienamente condivide. E’ la soluzione più conveniente, sia sul piano diplomatico che sul piano rivoluzionario” [ Franco Valsecchi, ‘La politica di Napoleone III e la guerra d’Italia del 1859. L’interpretazione di Marx, Engels e Lassalle’] [(in) AA.VV., ‘Etudes d’histoire des relations internationales. Mélanges Pierre Renouvin, Paris, 1966] [(1) “Il ‘pamphlet’ di Lassalle è un ‘enormous blander’… Del resto, se Lassalle si permette di parlare a nome del partito, o bisogna che per il futuro si rassegni ad essere apertamente sconfessato, perché la situazione è troppo seria per avere dei riguardi, o bisogna che, invece di seguire ispirazioni miste di fuoco e di logica, si informi prima delle opinioni che hanno altre persone all’infuori di lui. Bisogna che noi teniamo salda la disciplina di partito, altrimenti tutto va a catafascio.” Marx a Engels, 18 maggio 1859, in Carteggio Marx-Engels, Roma, 1951, vol III, p. 297; (2) Istruttivo, in proposito, il giudizio di Marx sulla politica di Mazzini. “Ritengo la politica di Mazzini assolutamente falsa. Egli trascura di dedicarsi a quella parte d’Italia che da mille anni è oppressa, ai contadini, e prepara, con questo, nuove risorse alla controrivoluzione”, Marx a Weydemeyer, 11 settembre 1851, in Marx-Engels, ‘Sul risorgimento italiano’, op. cit, p. 26; (3) Lassalle si giustificava, richiamandosi ad una valutazione realistica della situazione dell’opinione pubblica in Germania: “Non fatevi illusioni sui sentimenti democratici del popolo tedesco. Mi sembra che voi non vi rendiate conto di quanto poco “smonarchizzato” sia il nostro popolo”; (4) ‘Po und Rhein’, Berlin, 1859. Era stato scritto fra il febbraio e il marzo 1859, e pubblicato nell’aprile, presso lo stesso editore di Lassalle, Franz Duncker; (5) Marx a Engels, 25 febbraio 1859, in ‘Carteggio Marx-Engels, op. cit,., p. 271; (6) Così, un articolo di Engels, nella ‘New York Daily Tribune’, in data 18 gennaio 1859, dal titolo ‘Il panico monetario in Europa, in Marx-Engels, ‘Scritti sul Risorgimento’, op. cit., p. 163-64 (…)]