“Nel ‘Manifesto degli Eguali’, il più importante documento dell’utopia comunista moderna, Gracco Babeuf aveva dato un contenuto rivoluzionario al progetto di comunismo agrario esposto da Morelly nel ‘Code de la nature’ (1755). Dalla lettura di Filippo Buonarroti, Marx aveva appreso che anche i membri della cospirazione degli Eguali di Babeuf avevano maturato l’importante decisione di rifiutare la proprietà uguale, privata e individuale dell”Utopia’ di More, pronunciandosi a favore della comunione dei beni come unico modo di realizzare l’eguaglianza. Per Babeuf l’eguaglianza presupponeva una comunità casta – quasi ascetica – in cui i parassiti sarebbero stati severamente puniti. L’eguaglianza assoluta, immediatamente proclamata e istituita, rappresentava il bisogno umano fondamentale, non nel senso generico della rivoluzione francese, che poteva essere variamente interpretato da punto di vista economico o sociale, ma in questi semplici termini: un individuo non avrebbe dovuto possedere ‘nulla’ più di un altro. Se qualcosa non fosse bastato per tutti, tutti avrebbero dovuto farne a meno. Questo comunismo egalitario assumeva la virtuale identità dei bisogni, dei desideri, delle capacità tra tutti i cittadini, anche se si poteva fare qualche eccezione per i bambini, i deboli e gli anziani. L’intolleranza nei confronti di qualsiasi differenza era netta. Essere eguali, non patire l’umiliazione e l’ingiuria del potere o dell’autorità dei superiori, avrebbe dovuto costituire il fine ultimo della vita, e tutto il resto doveva essere sacrificato a questo obiettivo. “Noi siamo tutti eguali, vero?” si chiedeva in modo retorico il ‘Manifesto degli Eguali’. “Ebbene! Noi pretendiamo ormai di vivere e morire eguali come siamo nati; vogliamo l’eguaglianza reale o la morte; ecco quel che ci occorre. E l’avremo questa eguaglianza reale, non importa a qual prezzo. (…) Guai a chi volesse fare resistenza a un voto così deciso! (…) Periscano, se necessario, tutte le arti, purché ci resti l’eguaglianza reale (égalité réelle)! (1). Il dogma babouvista dell’eguaglianza immediata continuò a sopravvivere nella tradizione comunista francese che Buonarroti, un superstite della congiura, resuscitò negli anni tra il 1830 e il 1840. Quando il giovane Marx si confrontò con il babouvismo, il rifiuto fu netto. Il disprezzo per l’egualitarismo immediato fu una costante del suo pensiero sin dalla sua prima apparizione nell’agone politico. Anche se poteva trattare in modo più benevolo i comunisti utopistici del Settecento, Mably e Morelly, il fatto di scorgere le conseguenze del loro pensiero nell’abortita insurrezione babouvista lo spinse a dileggiare quegli ingenui. Nel ‘Manifesto del partito comunista’ del 1848 il comunismo alla Babeuf veniva etichettato come una dottrina reazionaria: “Insegna un ascetismo universale e una rozza tendenza a tutto eguagliare” (2). (…) Gli estensori tedeschi del programma di Gotha del 1875 erano caduti nella stessa trappola retorica. Le note che precedono l”Anti-Dühring’ di Engels (il cui obiettivo dichiarato era distinguere tra socialismo utopistico e socialismo scientifico) erano disseminate di affermazioni simili, a testimonianza che i due uomini si trovavano in piena sintonia. “Voler stabilire eguaglianza = giustizia come il principio supremo e la verità ultima è assurdo”. Quando Engels sentiva parlare di una rivoluzione comunista improvvisa contro lo “stato militare burocratico esistente”, non poteva far altro che paragonare tale avventatezza politica al tentativo di Babeuf di “saltare immediatamente dal direttorio al comunismo” (3). Fino al 1885, ricordando l’influenza babouvista sulla clandestina Lega dei giusti e sulla Lega dei comunisti negli anni Quaranta, Engels continuò ad attaccare i seguaci di Babeuf per il fatto di derivare la proprietà in comune dal principio di eguaglianza, invece di concepire il comunismo come un prodotto del processo storico. Nella ‘Critica’ Marx sottolineava che nella prima fase del comunismo, partorito con lungo travaglio dalla società capitalistica, le diseguaglianze sarebbero state inevitabili, e che il programma di unificazione dei socialdemocratici, con le sue promesse di eguaglianza immediata e senza distinzioni, era basato su un fondamentale inganno. La giustizia (si riferiva alla giustizia distributiva) e il diritto di una società non potevano essere più elevati di quanto la sua struttura economica e il livello culturale da essa determinato avrebbero consentito. Perché si realizzasse la piena eguaglianza, sarebbe stato necessario attendere lo stadio superiore della società comunista” [Frank E. Manuel, Requiem per Carlo Marx, 1998] [(1) Philippe Buonarroti, Conspiration pour l’égalité…, 1957, vol II, pp. 94-95; trad. it. Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, 1971, pp. 311-312; (2) Marx Engels, Manifesto del partito comunista, 1981, p. 105; (3) Engels, Materialien zum “Anti-Dühring”, in Marx Engels, Werke, cit., vol. XX, pp. 580, 581, 587; trad. it., in OC, vol XXV, 1974, pp. 601, 607]