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“In seguito, tuttavia, Saragat assunse una posizione più articolata, e più critica, nei confronti della democrazia parlamentare. Definendo il marxismo una filosofia “conoscitiva”, che attraverso la prassi mirerebbe a “ricomporre in armonica unità la vita dello spirito”, ovvero a ricomporre la scissione tra soggetto e oggetto che lo spirito può cogliere soltanto proiettandola nella realtà, Saragat riprendeva la critica del giovane Marx al “carattere mistico” della democrazia borghese, le cui forme universalistiche nasconderebbero l’eterogeneità delle diverse figure sociali e l’ineguaglianza dei rapporti reali, e non giuridici, tra i soggetti determinata dalla forma storica dei rapporti di produzione. Anche Saragat denunciava così l’insufficienza del pur legittimo “principio della maggioranza”, nella misura in cui prescinde dall’ineguaglianza insita nel contrasto tra le classi. Tuttavia, giacché al marxismo spetterebbe di “svelare alla coscienza degli uomini la vera natura dei loro rapporti di classe”, Saragat riconosceva alla democrazia politica la funzione essenziale di formare quella coscienza di classe che la mera ‘esistenza della classe’ non sarebbe in grado di esprimere. Infatti la coscienza di classe e la sensibilità autonomistica necessarie all’emancipazione socialista potevano risultare soltanto da “un esercizio o quanto meno un’aspirazione profonda alla libertà che trova nella democrazia borghese il suo efficace incremento”. La parzialità della democrazia politica, inducendo l’aspirazione al suo superamento, offrirebbe un “ambiente di profonda e insostituibile efficacia” alla maturazione del socialismo” [Simone Neri Serneri, Democrazia e Stato. L’antifascismo liberaldemocratico e socialista dal 1923 al 1933, 1989]