“Infine, accanto al capitale come fonte autonoma di plusvalore figura la proprietà fondiaria in quanto barriera del profitto medio e causa del trasferimento di una parte del plusvalore ad una classe che né lavora essa stessa, né sfrutta direttamente gli operai, né, come il capitale produttivo d’interesse, può appellarsi a ragioni consolatorie e moralmente edificanti come, per es., il rischio e il sacrificio impliciti nella cessione in prestito del capitale. Poiché qui una parte del plusvalore sembra direttamente collegato non a rapporti sociali, ma ad un elemento naturale, la terra, la forma dell’estraniazione e fossilizzazione delle diverse parti del plusvalore l’una di fronte all’altra trova il suo coronamento, il nesso interno è definitivamente spezzato e la sua sorgente completamente sepolta, proprio in seguito alla reciproca autonomizzazione dei rapporti di produzione legati ai diversi elementi materiali del processo di produzione. In capitale-profitto, o meglio ancora capitale-interesse, terra-proprietà fondiaria, lavoro-salario, in questa trinità economica come nesso fra gli elementi del valore e della ricchezza in generale e le loro fonti, trovano il loro coronamento la mistificazione del modo di produzione capitalistico, la reificazione dei rapporti sociali, l’immediato concrescere dei rapporti materiali di produzione e della determinatezza storico-sociale: il mondo stregato, distorto e capovolto in cui Monsieur le Capital e Madame la Terre conducono la loro fantasmagorica esistenza, come caratteri sociali e insieme, direttamente, come semplici cose. Il grande merito dell’economia classica è di aver dissolto questa falsa apparenza ed illusione (…)” [Karl Marx a cura di Bruno MAFFI, Il Capitale. Libro terzo, 2006]