“Perciò, per conoscere il modo in cui varia la domanda di moneta dobbiamo, da un lato, conoscere il modo in cui varia lo stato del credito e, dall’altro, vedere da che cosa dipende la domanda di mezzi di circolazione da parte della sfera del reddito. A tal fine dobbiamo prima tracciare brevemente i lineamenti della ‘teoria del ciclo’ di Marx, qual è esposta qua e là in modo frammentario nella sezione V (in particolare nel capitolo XXX: Capitale monetario e capitale effettivo) del III libro del ‘Capitale’, e poi cercare di individuare il modo in cui variano le condizioni della circolazione nelle diverse fasi del ciclo, ossia di individuare il modo in cui esse variano al mutare dello stato degli affari. Per spiegare il ciclo dobbiamo conoscere le cause della crisi e quelle della ripresa dell’attività economica. Marx procede, in questo caso, per approssimazioni successive. In un primo momento egli suppone che la società sia composta soltanto da capitalisti industriali e da operai, e prende in considerazione soltanto il credito commerciale. Per cogliere le cause della crisi Marx fa astrazione ancora da due circostanze, che non sono propriamente cause di crisi. Prima: ‘le variazioni di prezzo’ di una o più merci che impediscono a grandi porzioni di capitale totale di ricostituirsi nelle loro condizioni medie, e a causa delle concatenazioni del credito provocano momentanei ristagni generali. Questo è, per esempio, il caso degli effetti di un cattivo raccolto (…). Seconda: ‘le speculazioni’ che il sistema creditizio stimola. Vedremo in seguito che questa non è affatto una causa di crisi come sostengono molti economisti, ma un fenomeno necessario di una determinata fase del ciclo, che tuttavia accentua la crisi (…). A prescindere da tali circostanze, dunque, e supponendo che la società sia composta soltanto da capitalisti industriali e da operai, Marx sostiene che la crisi può essere spiegata unicamente da: I. ‘Sproporzione della produzione dei diversi rami’. Se si tiene conto della grande interdipendenza esistente fra tutti i settori della produzione sarà facile comprendere come in periodi di eccitazione, di frenetica attività economica la produzione di alcuni settori possa essere portata al di là dei limiti stabiliti dalla domanda determinata dall’espansione della produzione negli altri settori. (…). 2. ‘La sproporzione fra il consumo dei capitalisti e la loro accumulazione’. Qui si tratta evidentemente di consumo sia produttivo sia personale, e in questo caso improduttivo, dei capitalisti e di sproporzione fra questi e l’accumulazione, realizzata da parte dei capitalisti. Se i capitalisti contraggono il loro consumo, o non lo aumentano allo stesso ritmo al quale aumenta l’accumulazione, è chiaro che vi sarà una flessione della domanda complessiva, e perciò anche in questo caso, a causa della concatenazione del credito, non saranno possibili riflussi monetari normali. Gli operai non possono influire volontariamente sulla dimensione della domanda globale, poiché non possono ridurre il loro consumo al di sotto del loro reddito; essi, cioè, non “risparmiano”, ma consumano tutto il loro salario; l’unica cosa che ssi possono fare è diluire nel tempo la spesa del loro reddito (…). “La causa ultima di tutte le crisi effettive è pur sempre la povertà e la limitazione del consumo delle masse in contrasto con la tendenza della produzione capitalistica a sviluppare le forze produttive ad un grado che pone come unico suo limite la capacità di consumo assoluta della società” (Il capitale, III, p. 569).” [Carlo Boffito, Teoria della moneta. Ricardo, Wicksell, Marx, 1973]