“Occorre avvertire di un rischio che in più di un caso non è rimasto tale e le cui implicazioni vanno assai al di là dell’area storiografica. Intendo riferirmi alla sordità spesso constatabile di fronte alle pur limpide conseguenze ricavabili da una avvertenza che, esplicitata in un’opera giovanile di Marx e di Engels, si può dire percorra tutta l’opera dei fondatori del socialismo scientifico. E che, a parte Eric Hobsbawm, quando non è stata ridotta a distratta citazione, ha finito per diventare il pretesto per divagazioni al limite del farneticante o una specie di trastullo intellettuale nelle mani di qualche aspirante economista, non sempre provveduto, dedicatosi all’esame del nesso, teoricamente carico di ambiguità, fra sviluppo e sottosviluppo. Scrivevano dunque i due giovanissimi prussiani nel 1845: “…La grande industria universalizzò la concorrenza, stabilì i mezzi di comunicazione ed il mercato mondiale moderno, sottomise a sé il commercio, trasformò ogni capitale in capitale industriale e generò così la circolazione rapida e la centralizzazione dei capitali. Con la concorrenza universale essa costrinse tutti gli individui alla tensione estrema delle loro energie… Essa produsse per la prima volta la storia mondiale, in quanto fece dipendere dal mondo intero ogni nazione civilizzata, e in essa ciascun individuo, per la soddisfazione dei suoi bisogni, e in quanto annullò l’allora esistente carattere esclusivo delle singole nazioni…”” [Giorgio Mori] [in La ricerca storica marxista in Italia, a cura di Ottavio Cecchi, 1974]