“La differenza, e l’irriducibilità, delle visioni del tempo lungo in Marx e in Braudel mi pare possa essere tutta racchiusa nell’indicazione metodologica ‘cardine’ contenuta nella cosidetta ‘Introduzione del ’57’, un testo marxiano decisivo, noto fino dal 1903 e che poi circolerà in versione definitiva a partire almeno dai primi anni Cinquanta: “le categorie più astratte, sebbene siano valide – proprio a causa della loro stessa natura astratta – per tutte le epoche sono tuttavia in ciò che vi è di determinato in questa astrazione, il prodotto di condizioni storiche e posseggono la loro piena validità solo per e entro queste condizioni”. Perciò è necessario “isolare proprio ciò che costituisce la differenza mentre le determinazioni che valgono in generale devono essere isolate proprio affinchè per l’unità – che deriva già dal fatto che il soggetto, l’umanità, e l’oggetto, la natura, sono i medesimi – non venga poi dimenticata la diversità essenziale” (K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, pp. 32 e 37). Non senza un interno travaglio Braudel insegue l’ipotesi-possibilità d’un modello efficace per ogni epoca e in tutte le latitudini e pure in grado di proporsi quale schema utile, non solo a comprendere l’oggi, ma ad operare sul presente. E ha la coscienza precisa che qui sta il suo punto di disaccordo con Marx, da lui colto essenzialmente come autore del primo libro de ‘Il capitale’.” [Roberto Finzi, Fra Marx e Braudel][in ‘Braudel e l’Italia’, 1988]
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- Articolo pubblicato:13 Aprile 2012