“Inoltre Linhart (2) rileva la valutazione estremamente pessimistica data da Lenin nel ’21-’22 sulla popolazione che restava impiegata in fabbrica, «Via via che la guerra civile divora le forze operaie, spopola le fabbriche del loro vecchio personale (…) Lenin giunge alla conseguenza di rifiutare di caratterizzare come ‘proletariato’ la popolazione impiegata in ciò che resta di produzione industriale e urbana. La definizione che dà di proletariato si fa sempre più rigorosa e restrittiva» (9). Ai primi inizi della NEP Lenin ritiene si stia verificando la “scomparsa del proletariato” in seguito alla scelta del giugno ’18 di distribuire la parte più combattiva e comunista della classe operaia nelle funzioni chiave esterne alla produzione, cioè negli apparati di potere dello Stato (esercito, amministrazione, polizia, propaganda): ciò ha conseguenze rilevanti nella politica di organizzazione del lavoro in quanto segna la fine delle tendenze all’autorganizzazione delle masse nel processo produttivo. «E sono di nuovo presenti le condizioni ideologiche perché la disciplina del lavoro e il ‘taylorismo sovietico’ funzionino nella versione autoritaria. L’organizzazione del lavoro industriale e urbano non fa parte forse del sistema di dittatura imposto alle vecchie classi dirigenti e alla piccola borghesia, dal momento che queste forze sociali sono largamente presenti in ciò che resta di fabbriche e di lavoro urbano? Anche se la cosa non è formulata in maniera così rigida, non c’è dubbio che l’idea è spesso presente. Ed essa sopravvivererá non solo a Lenin ma anche alla NEP» (10). Le conclusioni eccezionali della rivoluzione e la guerra civile portano quindi Lenin a non definire più il proletariato sulla semplice base della sua collocazione all’interno dei rapporti di produzione, ma a tener conto dell’origine di classe precedente la rivoluzione e delle sue caratteristiche politico-ideologiche: Oblomov è rinato all’interno della classe. Questa nuova classe operaia , eterogenea tanto per le sue origini che per la sua collocazione, deve essere diretta politicamente e taylorizzata economicamente. La concezione leniniana del taylorismo si innesta così, secondo Linhart, in una situazione di sfaldamento della classe operaia alla fine della guerra civile fino alla sottomissione di vasti settori della popolazione produttiva e industriale, considerata come non proletaria, sotto la dittatura del partito bolscevico. «I limiti intrinseci al pensiero bolscevico e alla formazione sociale russa si associano così ad una nuova svolta autoritaria legata alle conseguenze della guerra» (11)” (pag 84-85) [Rosella Prezzo, ‘Lenin contro Oblomov’, Aut Aut, Milano, n. 162, novembre-dicembre 1977 (pag 81-86)] [(2) Robert Linhart, ‘Lenin, i contadini e Taylor’, Coines edizioni, Roma, 1977; (…) (9) Linhart, cit, p. 155; (10) Linhart, cit., p. 155; (11) Linhart, cit., p. 170]
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- Articolo pubblicato:14 Dicembre 2024