“Il più fermo convincimento che solo un moto rivoluzionario di ampiezza ‘mondiale’ può costituire la condizione per il trionfo degli ideali comunisti, appare evidente, fin dal 1905, nel programma politico di Lev Davidovic Bronstein, detto Trotskij (1879-1940). ll quale si dichiara sicuro che l’arretratezza delle strutture economiche russe – dove esisteva una società di tipo fondamentalmente agricolo, e la classe operaia era ancora molto esigua rispetto alla massa contadina – non avrebbe mai permesso un esito positivo alla rivoluzione proletaria, se non ci fosse stato un analogo movimento negli altri Paesi più progrediti dell’Occidente. Sul piano logico il pensiero di Trotskij è chiaro e lineare, già dalle pagine del saggio ‘Bilanci e prospettive’ (‘Itogi i perspektivi’), accluso nell’ultima parte dell’opera ‘La nostra rivoluzione’ (‘Nasa revolujucija’, 1907): come il capitalismo, fin dai primi anni del XX secolo, ha superato l’ambito di ogni singolo Stato per assumere caratteri e dimensioni internazionali, così la lotta che il proletariato dovrà condurre a termine per conquistare il potere e aprire una pagina nuova nella storia umana, dovrà essere una lotta senza confini e senza limiti di spazio, con gli stessi caratteri e le stesse dimensioni internazionali. Solo in questo senso, impadronirsi in Russia (o altrove) dello Stato borghese per creare lo Stato proletario e costruire un sistema socialista come premessa del comunismo, significa dare inizio a un processo rivoluzionario, che sarà efficace e risolutivo se riuscirà ‘contemporaneamente’ a fare insorgere altri Paesi e a sconvolgere il mondo intero. Infatti, nelle famose quattordici «tesi», dove Trotskij spiega e sintetizza «che cos’è la rivoluzione permanente» (‘permanentnaja revoljucija’), la componente «internazionalista», che si richiama a Marx e a Engels, risuona sempre con fermezza come il ‘leitmotiv’ assoluto attraverso il quale non può non passare la lotta di classe nella società contemporanea. «La conquista del potere da parte del proletariato – sostiene Trotsky in aperta polemica con Stalin, come vedremo – non pone un limite alla rivoluzione; anzi, non fa che inaugurare la rivoluzione» (IX); e aggiunge subito, per meglio chiarire il suo piano: «La rivoluzione socialista non può esaurirsi nell’ambito nazionale… La rivoluzione socialista comincia sul terreno ‘nazionale’, si sviluppa nel quadro ‘internazionale’ e si conclude a livello ‘mondiale’. Così la rivoluzione diventa permanente in un senso nuovo e più ampio del termine: essa non si conclude che nel trionfo definitivo della nuova società su tutto il nostro pianeta» (X)” (pag 226-227) [Arturo Colombo, ‘Idee politiche e società’, Guido Miano editore, Milano, 1963]