“Le previsioni storiche si distinguono nettamente da quelle astronomiche: queste sono precise e certe quanto quelle sono dubbie e relative. Quando si tratta del contrasto di forze vitali, è ridicolo pretendere una sicura predizione; si possono soltanto studiare con cura le idee e le energie in campo e fare ipotesi di maggiore o minore probabilità. Per rispondere adeguatamente alla domanda sugli sviluppo futuri della rivoluzione russa, analizzando le forze interne ed internazionali che influiscono su di essa, occorrerebbe un libro intero. Durante la mia segregazione ad Alma-Ata ho iniziato tale libro e spero di completarlo fra non molto. Posso ora anticipare le linee essenziali. Il bolscevismo è prossimo alla liquidazione? Ha esaurito le interne risorse? E in quale forma di governo sboccherà: una democrazia, una dittatura, una restaurazione monarchica? Il processo d’una rivoluzione è ben più complesso che il corso d’un torrente montano, nell’un caso e nell’altro però non si può escludere il più improvviso e paradossale mutamento di direzione. Ma, per il torrente, un criterio di massima si può arguire dal volume delle acque, dalla conformazione del terreno, dalle correnti aeree predominanti e così via; in politica, una rivoluzione è sottoposta ad alternative di sviluppo e di declino e il trionfo contiene già i germi della decadenza, come questa, giunta nella fase estrema, racchiude in sé stessa la possibilità della ripresa. Le tre rivoluzioni che hanno travagliato la Russia nell’ultimo quarto di secolo non sono altro che fasi di una stessa rivoluzione. Fra la prima e la seconda sono passati dodici anni; fra la seconda e la terza, nove mesi soltanto. Gli undici anni di esistenza del bolscevismo si possono dividere in due periodi: la linea di divisione è data dall’inizio della battaglia contro il trotskismo, dopo la malattia di Lenin. Nel primo periodo, le masse hanno svolto una funzione decisiva, che ha pochi riscontri nella storia. Eppure, vi è ancora qualcuno che attribuisce al caso la rivoluzione d’ottobre. Ma qual valore avrebbe avuto un’organizzazione sociale dovuta al semplice caso? In verità, la vittoria della rivoluzione contro le legioni dei suoi nemici negli anni critici fu dovuta allo spirito d’iniziativa e all’attività delle masse campagnole e cittadine. Su tale base l’improvvisazione del Governo centrale e dell’esercito rosso si poté sviluppare. Il secondo periodo, che ha portato a un radicale cambiamento nelle direttive di governo, è caratterizzato dall’indiscutibile indebolimento dell’attività immediata delle masse: il fiume è ritornato nel suo letto. Sopra le masse s’erge la centralizzata macchina burocratica dello Stato e dell’esercito. Si scava un solco sempre più profondo fra i centri direttivi e il popolo; la macchina burocratica diventa «fine a se stessa»; i funzionari credono fermamente che la rivoluzione sia stata fatta all’unico scopo di concentrare il potere nelle loro mani, garantendo ad essi una situazione privilegiata. In un notevole saggio sui processi degenerativi del Governo e del partito, Rakovski ha mostrato chiaramente in qual modo, dopo la conquista del potere, si sia formata, nel cuore della classe operaia, una burocrazia indipendente, distinta prima soltanto per le funzioni e poi differenziata dal punto di vista sociale. Naturalmente, questo sviluppo burocratico è in nesso strettissimo con un’altra e più profonda modificazione della struttura sociale del paese. In accordo con i principi della Nuova Politica Economica, nelle città si è costituita una classe numerosa di piccoli borghesi e di professionisti liberali; nelle campagne è sorto il contadino arricchito, il «kulak»; e i funzionari usciti dalle masse si sono andati sempre più accordando a questi strati borghesi. Era naturale che una tal burocrazia dovesse considerare come un inciampo l’iniziativa e lo spirito critico del popolo e che la macchina burocratica premesse per soffocare ogni reazione psicologica delle masse, indebolite nella funzione politica. Quante volte, in questi ultimi anni, burocrati e nuovi proprietari hanno ricantato agli operai il ritornello «Non siete più nel ’18!». In altre parole, la proporzione delle forze è stata modificata a danno dei lavoratori. A questo processo corrisponde una trasformazione interna del partito. Non bisogna dimenticare che la schiacciante maggioranza del partito, che conta attualmente un milione di seguaci, ha un’idea molto confusa di quello che il partito era durante il primo periodo rivoluzionario, e non parliamo neanche dei tempi zaristi. Basti dire che il 75 o l’80 per cento del partito attuale è formato da iscritti dopo il 1923, mentre sono meno dell’1 per cento coloro che erano già membri del partito prima della rivoluzione. (…)” (pag 562-566) [Salvatore Aponte, ‘Il «Corriere» tra Stalin e Trockij, 1926-1929’, Fondazione Corriere della Sera, Milano; 2010] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]