“La Chiesa come organizzazione espansiva di potere era rivale dell’organizzazione di potere dello Stato. La conciliazione fra queste organizzazioni di potere poté avvenire in due modi. L’organizzazione ecclesiastica poté essere incorporata in quella statale e venire essenzialmente sottoposta ad essa. Ciò presupponeva un forte potere statale centralizzato. Questo era dato in continuità storica nell’impero romano d’Oriente e condusse al cesaropapismo (9). In tutt’altro modo si svilupparono nel corso delle conquiste barbariche e della fondazione degli imperi germanici i rapporti in Occidente. La mancanza di un forte potere statale centralizzato unitario, la retrività e primitività dell’organizzazione politica rafforzarono la posizione della Chiesa, fecero apparire indispensabile la sua alleanza tanto per l’organizzazione nell’interno quanto per l’appoggio all’estero. Di fronte allo Stato la Chiesa rimase una potenza autonoma, i cui ultimi impulsi erano determinati dal capo supremo a Roma e dagli interessi generali dell’organizzazione ecclesiastica. Ciò non impedì affatto ad un forte potere di Stato d’intraprendere il tentativo di una incorporazione della Chiesa nello Stato, come riuscì per qualche tempo a Clodoveo, dopo la sua conversione al cristianesimo. Ma lo sviluppo del feudalesimo indebolì la forza centrale dello Stato, mentre favorì la potenza della Chiesa. La concezione storica di Marx non vuole dunque affatto spiegare come da rapporti di produzione nasca la facoltà conoscitiva. Questa piuttosto è presupposta con tutta la sua capacità di formulare idee religiose, morali, estetiche, di esercitare l’indagine scientifica, ecc. Ma la direzione verso la quale si orienta di volta in volta la conoscenza, il contenuto sempre mutevole delle concezioni giuridiche, religiose, morali è determinato dagli interessi dei gruppi sociali, che scaturiscono dai rapporti di produzione. Di qui il duplice compito: primo di riconoscere obiettivamente dall’analisi dei rapporti di produzione la situazione degli interessi dei gruppi sociali; secondo di studiare l’influenza psicologica degli interessi stabiliti  sulla condotta dei ceti sociali, tenendo conto di tutte le altre influenza psichiche, quali sono date specialmente dalle idee finora raccolte e finora determinanti la condotta dei gruppi sociali. Il grado in cui quest’analisi psicologica riesce, la misura in cui può essere dimostrato il collegamento della situazione degli interessi con la condotta storica dei gruppi sociali come necessità, come reale determinazione (motivazione) della volontà storicamente importante, decide de contenuto scientifico della rappresentazione storica; poiché suo compito è di mostrare la causalità dello svolgimento storico – nella natura specifica delle determinanti della volontà, corrispondente a questa causalità. L’analisi psicologia è soggetta al pericolo di sostituire troppo direttamente o troppo esclusivamente  come storicamente efficaci gli interessi che poterono essere stabiliti obiettivamente nello studio di un rapporto di produzione. Ma gli interessi possono diventare efficaci soltanto quando diventano coscienti; poiché solo fatti di coscienza possono essere determinanti della volontà, motivi dell’operare umano. Marx insiste, nel punto citato, sulla necessaria distinzione fra «il rivolgimento materiale da constatare con fedeltà di scienza naturale nelle condizioni economiche di produzione» e «le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche e filosofiche, insomma ideologiche, in cui gli uomini acquistano coscienza di questo conflitto e per esso si battono». Ma appunto per questa trasposizione, e nella misura in cui riesce, i rivolgimenti obiettivi nei rapporti di produzione diventano motivi dell’operare. Quando Marx prosegue: «Come non si giudica quello che è un individuo da quello che esso si crede, così non si può giudicare un tale periodo di rivolgimento dalla sua propria coscienza, ma piuttosto bisogna spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, col conflitto esistente fra forze produttive, sociali e rapporti di produzione»; bisogna cioè rendersi chiaro che gli impulsi immediati dell’agire sono fatti di coscienza e che la rappresentazione del mutamento materiale da constatare obiettivamente è altrettanto importante quanto la trasposizione di esso in fatti di coscienza, ossia nelle idee che poi diventano efficaci. Altrimenti si rendono assoluti certi mutamenti obiettivi di produzione e di interessi ad essi corrispondenti, constatati dall’osservatore, e si giunge a spiegazioni arbitrarie, ad una specie di misticismo economico, per cui le condizioni economiche fanno per così dire storia in modo autonomo, dietro la coscienza degli uomini reali” (pag 39-42) [Rudolf Hilferding, Il problema storico, Opere Nuove, Roma, 1958]