“Il partito dell’ordine torna naturalmente al suo inevitabile luogo comune: «Maggior repressione! – grida – decuplicata repressione!», ma la sua forza di repressione è diminuita di dieci volte, mentre la resistenza si è centuplicata. Lo strumento principale della repressione stessa, l’esercito, non deve anch’esso venir represso? E il partito dell’ordine pronuncia la sua ultima parola: «Il ferreo anello di una soffocante legalità deve essere spezzato. La repubblica costituzionale è impossibile. Dobbiamo combattere con le nostre vere armi; da febbraio 1848 abbiamo combattuto la rivoluzione con le sue armi e sul suo terreno, abbiamo accettato le sue istituzioni; la costituzione è una fortezza che protegge solo gli assedianti e non gli assediati! mentre, nel ventre del cavallo di Troia ci introducevamo nella sacra Ilio, noi, a differenza dei nostri antenati, gli astuti greci, non abbiamo espugnato la città nemica, ci siam dati noi stessi prigionieri» (1). Ma il fondamento della Costituzione è il suffragio universale. L’abolizione del suffragio universale: ecco l’ultima parola del partito dell’ordine, della dittatura borghese. Il suffragio universale aveva dato loro ragione il 24 maggio 1848, il 20 dicembre 1848, il 13 maggio 1849, l’8 luglio 1849. Il suffragio universale aveva dato torto a se stesso il 10 marzo 1850. Il dominio borghese come emanazione e risultato del suffragio universale, come verdetto espresso della sovrana volontà popolare, questo è il senso della Costituzione borghese. Ma, dal momento in cui il contenuto di questo diritto di voto, di questa volontà sovrana, non più il dominio della borghesia, ha ancora senso la Costituzione? Non è dovere della borghesia regolare il diritto di voto in modo che esso voglia il ragionevole, cioè il suo dominio? Il suffragio universale, revocando continuamente il potere attuale dello stato e facendone di nuovo una propria creazione, non abolisce ogni stabilità, non pone ad ogni momento in questione tutti i poteri costituiti, non annulla l’autorità, non minaccia di far assurgere ad autorità l’anarchia stessa? Dopo il 10 marzo 1850 chi poteva ancora dubitarne? La borghesia, respingendo il «suffragio universale, di cui s’era finora drappeggiata e da cui succhiava la propria onnipotenza, confessa francamente: «Finora la nostra dittatura è sussistita per volontà popolare, ora dev’essere consolidata contro la volontà popolare» e quindi essa cerca di suoi sostegni non più in Francia, ma fuori, all’estero, nell’invasione” (pag163-164) [Karl Marx, ‘Le lotte di classe in Francia’, Einaudi, Torino, 1948] [(1) Gioco di parole: ‘grecs’ significa in pari tempo greci e bari di professione, nota di Engels]