“«Il vero compito della società borghese è la costituzione di un mercato mondiale, almeno nelle sue grandi linee, e di una produzione che poggi sulle sue basi. Siccome il mondo è rotondo, sembra che questo compito sia stato portato a termine con la colonizzazione della California e dell’Australia e con l’inclusione della Cina e del Giappone. Ecco la ‘question’ difficile per noi: sul continente al rivoluzione è ‘imminent’ e prenderà anche subito un carattere socialista. Non sarà necessariamente ‘crushata’ (soffocata) in questo piccolo angolo di mondo, dato che il ‘movement? della società borghese è ancora ‘ascendent’ su un’area molto maggiore?» (1). Per Marx nel ’58 esistevano due realtà separate: quella occidentale in cui erano emerse la proprietà privata, la differenziazione della società in classi, la contrapposizione del singolo alla comunità e quella dove il progresso non era ancora nato e l’uomo era ancora il fine della produzione. Concepiva uno schema unilineare secondo il quale l’umanità, partendo dalla comunità primitiva, sarebbe approdata al comunismo superiore. Tappa intermedia e dolorosa per tutti i popoli della terra, la fase storica del dominio del modo di produzione capitalistico (MPC). Di qui il timore, che per il momento non trovava conforto in nessuna soluzione teorica, che la rivoluzione proletaria, matura solo nel mondo «avanzato», potesse venir soffocata e l’avvento del comunismo rimandato ‘sine die’. Trovò la soluzione del problema una decina d’anni dopo individuando nella comunità contadina slava, ancora esistente nella seconda metà dell’800, l’ultimo strato della formazione primitiva (comunità comunista primitiva). Esisteva dunque una vasta area, che, pur avendo rapporti con zone dominate dal MPC quali l’Europa occidentale e gli Stati Uniti, non aveva imboccato la strada dello sviluppo necessitato veniva così a cadere. Herzen e Cernysevskij, utilizzando gli studi di Haxthausen, avevano già sottolineato la peculiarità della Russia. Ma l’esistenza di un «socialismo russo» primitivo non veniva da questi attribuita ad una sorta di specificità nazionale; come credettero gli slavofili. Condizioni geografiche particolari avevano favorito la nascita dello Stato zarista come macchina militare, soffocando sul nascere quelle iniziative che in Occidente dettero vita al capitalismo. Ebbe così inizio, alla fine degli anni ’60, un rapporto assai ricco, sul piano teorico, tra alcuni pensatori populisti e i due fondatori del materialismo storico” (pag 155-156) [(1) Lettera di Marx ad Engels dell’8.10.1858, in ‘Carteggio Marx-Engels, sei volumi, Roma, Editori Riuniti, 1951, vol. III, p. 241] [Roberto Sinigaglia, ‘.M. Stepnjak Kravcinskij nella Russia prerivoluzionaria’, La Nuova Italia, Firenze, 1979 ca.]