“La «riluttanza di Trotsky ad agire» (7) contro Stalin costituisce un punto di snodo cruciale della battaglia antiburocratica di cui Lenin si era fatto iniziatore. Buranov vi fa ovviamente cenno, ma senza spingersi troppo in là nella sua ricognizione storico-politica di questo aspetto specifico. Eppure l’atteggiamento irresoluto di Trotsky durante la lunga malattia di Lenin pesò in maniera decisiva sulle sorti dell’Unione Sovietica. Per questa ragione nel corso del presente lavoro ci soffermeremo diffusamente sulla storia del famoso «blocco Lenin-Trotsky»” (pag 19-20) [introduzione di Paolo Casciola] [nota 7: Con questa formula Russell Block intitolò un paragrafo della sua introduzione a V.I. Lenin – L. Trotsky, ‘Lenin’s Fight Against Stalinism’, Pathfinder Press, New York, 1975, pp. 5-28]; “In uno dei suoi numerosi volumi consacrati alla lotta di Trotsky e dei suoi compagni contro la controrivoluzione staliniana, lo storico sovietico di orientamento trotskista Vadim Rogovin ha dedicato un capitolo alle fatidiche esitazioni politiche manifestate da Trotsky nel corso del 1923 (226). Nel far ciò, egli ha ricordato le spiegazioni addotte ‘a posteriori’ da Trotsky per giustificare la propria riluttanza a mettere in atto il blocco politico che Lenin gli aveva proposto allo scopo di sferrare un attacco frontale contro Stalin e la ‘trojka’. Dopo la loro difesa vincente del monopolio del commercio estero, quel sodalizio politico si era praticamente arenato, come abbiamo visto, sulla «questione georgiana». Su questo punto, come pure sull’obiettivo politico fondamentale del «blocco Lenin-Trotsky» – la lotta contro il burocratismo, cioè per la destituzione di Stalin e per una riorganizzazione complessiva dell’apparato di partito -, è del tutto evidente che, nella sua azione, Trotsky si lasciò pesantemente condizionare dal peggioramento delle condizioni di salute di Lenin. Nel 1929 egli sostenne che agli inizi del 1923 un’azione contro il CC nello spirito del «blocco Lenin-Trotsky» sarebbe sicuramente stata vincente, e che, se alla vigilia del XII Congresso avesse «preso apertamente posizione contro la burocrazia staliniana», egli avrebbe vinto «anche senza la diretta partecipazione di Lenin» dal momento che « (…) nel 1922-1923 era ancora possibile conquistare la posizione di comando con un attacco aperto contro la frazione in rapida formazione dei funzionari nazional-socialisti; degli usurpatori dell’apparato, dei profittatori dell’ottobre e degli epigoni del bolscevismo» (227). Senonché agli occhi di Trotsky « [l]’ostacolo principale era la salute di Lenin. Si sperava che si riprendesse come dopo la prima crisi e che potesse partecipare al XII Congresso (…) (228). Egli stesso ci contava». In tale situazione, spiegò Trotsky, una sua iniziativa « (…) sarebbe stata interpretata o, più esattamente, presentata come una lotta personale per prendere il posto di Lenin nel partito e nello Stato. Non potevo pensarci senza rabbrividire. Ritenevo che una cosa simile avrebbe potuto provocare nelle nostre file una demoralizzazione tale da essere pagata a caro prezzo anche in caso di successo. In tutti i piani e in tutti i calcoli c’era un decisivo elemento di incertezza: Lenin e le sue condizioni di salute. (…) Data la posizione particolare che Lenin aveva nel partito, l’incertezza sulle sue condizioni diveniva incertezza sulle condizioni di tutto il partito. La situazione di provvisorietà si protraeva e ciò andava a tutto vantaggio degli epigoni nella misura in cui Stalin, come segretario generale, diventava naturalmente nel periodo di «interregno» il capo dell’apparato» (229). Nel suo lungo articolo sul «testamento» di Lenin ultimato alla fine del 1932, Trotsky sostenne di aver sempre garantito il proprio appoggio a Lenin durante «le fasi della lotta finale tra Lenin e Stalin». Egli ammise però che, nell’ultimo periodo della sua vita attiva, Lenin potesse essere «allarmato e afflitto» a causa del sostegno «non abbastanza attivo» fornito dallo stesso Trotsky «alle sue misure di lotta contro Stalin», che il fondatore del bolscevismo intendeva «disarmare» allo scopo di garantire la «stabilità futura della direzione del partito». Trotsky giustificò allora la propria titubanza nei seguenti termini: «(…) Quello che mi frenava era il timore che qualsiasi aspro conflitto all’interno del gruppo dirigente, in quel momento, mentre Lenin stava lottando con la morte, potesse essere interpretato dal partito come una pretesa al manto di Lenin» (230)” (pag 100-102) [introduzione di Paolo Casciola] [J.A. Buranov, ‘Il «testamento» di Lenin: falsificato e proibito. Dagli archivi segreti dell’ex Unione Sovietica’, Prospettiva edizioni, Milano, 2019] [Note: (226) V.Z. Rogovin, ‘Vlast’ i Oppozicii (Il potere e l’Opposizione), Tovariscestvo Zurnal “Teatr”, Moskva, 1993, pp. 79-84; (227) L. Trotsky, ‘La mia vita’, cit., p. 444; (228) Ibidem; (229) Ibidem, pp. 444-445; (230) Cfr. infra, p: 399] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
- Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni
- Articolo pubblicato:11 Marzo 2020