“Non dobbiamo dimenticare con quale nemico abbiamo a che fare. I nemici che abbiamo dovuto affrontare finora, – i Romanov, i Kerenski, la borghesia russa, ottusa, disorganizzata, incolta, che ieri baciava lo stivale del Romanov e poi scappava con i trattati segreti in tasca, – che cos’erano in confronto a quella borghesia internazionale che ha trasformato tutte le conquiste dell’intelletto umano in arma per schiacciare la volontà dei lavoratori  e ha adattato tutta la sua organizzazione per lo stermino degli uomini? Ecco il nemico che si è abbattuto su di noi in un momento in cui siamo assolutamente disarmati, in cui dobbiamo dire apertamente: non abbiamo un esercito, e un paese che è privo di un esercito deve accettare la pace, anche se indicibilmente infame. Noi non tradiamo nessuno, non cediamo nessuno al nemico, non rifiutiamo l’aiuto dei nostri fratelli. Ma dovremo accettare una pace incredibilmente dura, dovremo accettare condizioni terribili, dovremo rassegnarci alla ritirata per guadagnare tempo, finché c’è tempo, in attesa che arrivino gli alleati, e di alleati ne abbiamo. Per quanto grande sia l’odio verso l’imperialismo, per quanto forte il sentimento, il legittimo sentimento di sdegno e di ribellione contro di esso, dobbiamo riconoscere che adesso siamo difensisti. Però non difendiamo i trattati segreti, difendiamo il socialismo, difendiamo la pace socialista. Ma, per avere la possibilità di difenderla, abbiamo dovuto rassegnarci a subire le più dure umiliazioni. Sappiamo che vi sono periodi nella storia di ogni popolo in cui bisogna arretrare di fronte all’urto di un nemico più forte. Abbiamo ottenuto un rinvio, e dobbiamo sfruttarlo perché l’esercito possa respirare un po’, perché esso comprenda nella sua grande massa – cioè si convincano non solo quelle decine di migliaia di persone che frequentano i comizi nelle grandi città, ma i milioni e le decine di milioni di persone disperse nelle campagne – che la vecchia guerra è finita e comincia una nuova guerra, una guerra alla quale abbiamo risposto proponendo la pace, una guerra nella quale siamo scesi a patti, per superare la nostra mancanza di disciplina, la nostra debolezza, la nostra miseria, con la quale abbiamo potuto vincere lo zarismo e la borghesia russa, ma non la borghesia europea e internazionale. Se sapremo superarle, vinceremo, perché abbiamo degli alleati, ne siamo convinti. Per quanto ora si scatenino gli imperialisti internazionali, vedendo la nostra sconfitta, in seno al loro paesi maturano i loro nemici e nostri alleati. Sapevamo e sappiamo con certezza che nella classe operaia tedesca questo processo si svolge forse più lentamente di quel che noi ci aspettavamo, di quel che noi, forse desideriamo, ma è indubbio che cresce lo sdegno contro gli imperialisti, cresce il numero dei nostri alleati che ci verranno sicuramente in aiuto” (pag 147-148) [V.I. Lenin, ‘Discorso al Soviet di Mosca dei deputati operai, contadini e soldati rossi, 12 marzo 1918’, in V.I. Lenin, Opere, volume 27, febbraio-luglio 1918, Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2002]  [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]