“La stessa argomentazione di fondo a favore della svolta protezionista, per quanto non priva, ovviamente, di una sua coerenza logica, non trovava tuttavia, sulla base dei dati relativi al ferro greggio e al ferro in barre, un’incontrovertibile pezza d’appoggio all’assunto della saturazione del mercato interno da parte dell’importazione. In riferimento al ferro importato, la tesi protezionista era infatti che un dazio protettivo, determinando l’aumento dei prezzi del prodotto estero, avrebbe orientato la domanda interna a favore dei produttori tedeschi; di qui una crescita della domanda di lavoro e potenzialmente dei redditi da lavoro – la tutela, appunto, del lavoro nazionale – da cui a sua volta sarebbe potuta derivare una domanda anch’essa maggiorata di prodotti agricoli (aumento del potere d’acquisto, potenziamento del mercato interno). Peraltro si è già accennato più indietro all’incremento dei prezzi dei generi alimentari all’interno dovuto proprio all’adozione delle misure protettive (l’immagine della strategia globale come serpente che si morde la coda torna nuovamente, quando si pensa al dazio sui cereali). (…) Piuttosto la maggiore incidenza della svolta va semmai individuata nel processo di cartellizzazione e concentrazione monopolistica da essa innescato, come intuì Friedrich Engels in una lettera ad August Bebel del 24 novembre 1879. Gli industriali siderurgici potevano desiderare i dazi protettivi solo qualora si fossero consorziati in un’organizzazione (“Ring”), in una setta (“Verschwörung”), tale da imporre prezzi di monopolio sul mercato interno e da vendere a prezzi stracciati le eccedenze all’estero: dall’ottica neomercantilistica, insomma, a un ‘dumping’ ante litteram. Passando a considerare elementi se non proprio extra-economici, quanto meno economici solo indirettamente, vale la pena di accennare al fatto che nell’ambito delle spinte al protezionismo di provenienza industriale – ma analogamente, si è già visto, anche di provenienza agraria – emerse un orientamento di politica sociale non dissimile da quello che avrebbe costituito una delle strutture portanti del sistema Bismarck” (pag 213-215) [Innocenzo Cervelli, La Germania dell’Ottocento. Un caso di modernizzazione conservatrice’, Roma, 1988]
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- Articolo pubblicato:17 Febbraio 2018