“[D]obbiamo rallegrarci della pubblicazione recente in Francia del «Trattato dell’economia marxista» di Ernest Mandel (1), poiché questo libro di un socialista della sinistra belga, veramente impegnato nella lotta operaia, affronta direttamente senza pregiudizi dogmatici importanti problemi dell’economia politica marxista. L’opera certo non pretende di esaurire tutte le questioni discusse o non pretende certo dare delle soluzioni definitive, però presenta quel notevole interesse di cercare di «partire dai dati empirici della scienza di oggi per esaminare se l’essenziale delle tesi economiche di Marx rimane valido o meno». Questo vale a dire che non si accontenta di rifare ‘Il Capitale’ e di esporre in modo scolastico i grandi temi e i grandi principi dell’economia marxista. Da questo punto di vista il paragone con il manuale dell’Accademia delle scienze dell’URSS o con quello più recente di P. Nikitin è istruttivo. Contrariamente agli autori sovietici E. Mandel non si rifà costantemente a delle citazioni di Marx e di Lenin e soprattutto rinuncia ai tradizionali schemi di esposizione e a una teoria così contraddetta dai fatti come è la teoria degli stadi successivi obbligatori (comunismo primitivo, schiavitù, feudalesimo, capitalismo, socialismo). Improvvisamente la sua opera illustrata da numerosi esempi tratti da opere moderne, dà un’impressione di vita che facilita la lettura e sorprende gradevolmente, ed è a partire dall’affermazione e dalla genesi storica del surplus sociale che l’autore progressivamente ricostruisce le categorie economiche necessarie alla comprensione del capitalismo moderno, e in questo modo evita ogni astrazione (nel senso deteriore del termine) e ogni pesantezza nella sua esposizione. Dal punto di vista pedagogico l’opera rappresenta un notevole progresso nei confronti delle opere divulgative in uso in Francia (Jan Baby, André Barjonet per esempio), però non è solo questo, cioè un semplice trattato didattico, ma sotto molteplici aspetti un’opera  originale tanto nell’analisi delle contraddizioni del capitalismo, quanto nell’analisi delle contraddizioni della società di transizione verso il socialismo. L’analisi del capitalismo contemporaneo fatta da Mandel si estende lungo parecchi ampi capitoli del I e II volume. Sarebbe vano farne un riassunto seguendo tutte le articolazioni. Accenniamo semplicemente ai punti salienti di questa analisi. Essa si caratterizza in primo luogo con il rifiuto di ogni visione meccanicistica dell’economia implicante l’ineluttabilità di una evoluzione, o il compimento inevitabile di una tendenza. Così in alcune pagine molto felici l’autore respinge la teoria della pauperizzazione assoluta sia sotto la sua forma più estrema che sotto la sua forma attenuata quale viene presentata da Arzoumanian. Nello stesso modo affrontando la teoria delle crisi, si guarda bene di cedere alla tentazione di costruire un modello troppo semplificato basato unilateralmente sul sotto-consumo o sulla sproporzione tra i diversi settori dell’economia. Le sue preferenze vanno piuttosto ad una teoria che concilia questi due fattori e non interpreta più la teoria delle crisi come una teoria del crollo del capitalismo, ma come una teoria nella sua evoluzione nel lungo periodo e del suo cammino irregolare e qualche volta caotico verso l’accrescimento dei suoi aspetti parassitari e distruttori; e ciò rende sempre più probabile, anche se non certo, un’intervento cosciente degli uomini per installare un altro sistema di rapporti sociali. Riprendendo per suo conto le teorie di una secolare situazione, stagnante, nella quale egli vede un rapporto con concentrazione della maggioranza dei grandi paesi capitalisti avanzati, Ernest Mandel mette in risalto nello stesso tempo l’attivismo della borghesia che combatte con tutti i mezzi (e soprattutto con l’intervento dello Stato) le contraddizioni che l’economia capitalista nel suo sviluppo continua a produrre. La sua conclusione sul periodo di declino del capitalismo è di conseguenza un vero e proprio appello all’azione: «mai a livello mondiale, il contrasto tra le ricchezze immense potenzialmente a disposizione di tutti gli uomini e la miseria, lo spreco o il sotto-impiego delle risorse umane e tecniche è stato lampante come oggi. Se gli uomini non imparano ad riorganizzare la loro società secondo gli stessi metodi scientifici che hanno concesso di ottenere delle vittorie spettacolari sulla natura, le forze produttive rischiano di trasformarsi un’ultima volta e questa volta definitivamente in forze di distruzione collettiva, cioè nelle forze della guerra nucleare»” [Jean Marie Vincent, ‘Trattato di economia marxista (di Ernest Mandel)’, ‘Problemi del socialismo’, n. 5, maggio 1963] [(1) Ernest Mandel, ‘Traité d’économie marxiste’, Paris; Julliard, 1962]