“L’unica opera della «libertà assoluta», secondo Hegel, è la morte: «una ‘morte’ che non ha alcun interno ambito né riempimento» (175). Il governo rivoluzionario, infatti, si manifesta subito come ‘fazione’; chi lo avversa è immediatamente colpevole e, per essere condannati, basta essere ‘sospetti’: «Il ‘cadere in sospetto’ prende quindi il posto dell”essere colpevole’» (176). Il protagonista delle pagine hegeliane è, a questo punto, il rousseauniano Robespierre. Il suo nome non viene apertamente fatto nella ‘Fenomenologia’, ma, a parte i luoghi analoghi delle ‘Lezioni’ (177), proprio in un aforisma jenense Hegel scrive così: «La risposta, che Robespierre dava a tutto – qui uno aveva pensato questo, fatto quello, voluto questo o detto quello -, era: ‘la mort!’. La sua uniformità è altamente noiosa, ma ‘va bene per tutto’. Volete la giacca: prendetela; anche il panciotto: eccolo; date uno schiaffo: ecco anche l’altra guancia; volete il dito piccolo: strappatelo. ‘Posso dar la morte a tutto, astrarre da tutto’. Così la cocciutaggine è insuperabile (‘unüberwindlich’) e può ‘può superare (‘überwinden’) tutto in se stessa’. Ma la cosa più importante, che sarebbe da superare (‘überwinden’), sarebbe proprio questa libertà, questa morte stessa» (178)” [Roberto Racinaro, ‘Rivoluzione e società civile in Hegel’, Napoli, 1972] [note: (176) Op. cit, p. 419; (177) ‘Vorlesungen ueber die Philosophie der Weltgeschichte’, cit., p. 929-930); (178) L’aforisma è di Hoffmeister, ‘Dokumente zu hegels Entwicklung’, cit., p. 359; può non essere inutile ricordare un giudizio del giovane Marx: «L’intelletto ‘politico’ è ‘politico’ appunto in quanto pensa ‘entro’ i limiti della politica (…). Il periodo ‘classico’ dell’intelletto politico è la ‘Rivoluzione francese’. (…) Così Robespierre vede nella grande miseria e nella grande ricchezza un ostacolo alla ‘pura democrazia’. Egli desidera perciò stabilire una generale frugalità ‘spartana’. Il principio della politica è la ‘volontà’. Quanto più unilaterale, cioè quanto più compiuto è l’intelletto ‘politico’, tanto più esso crede all”onnipotenza’ della volontà, e tanto più è cieco dinnanzi ai ‘limiti naturali’ e spirituali della volontà, tanto più dunque è incapace di scoprire la fonte delle infermità sociali» (‘Kritische Randglossen zu dem Artikel «Der König von Preussen und die Sozialreform. Von einem Preussen», Werke, Bd 1, Dietz Verlag, Berlin, 1964, p. 402; abbiamo citato secondo la traduzione italiana di R. Panzieri, in ‘La questione ebraica e altri scritti giovanili’, Editori Riuniti, Roma, seconda edizione 1969, pp. 127-28]
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- Articolo pubblicato:24 Gennaio 2017