“Antonio Labriola è il primo teorico del socialismo di ispirazione marxista in Italia. Egli si forma a Napoli in un ambiente culturale storicista influenzato da Hegel e dal 1874 insegna nelle università di Roma e Bologna. Dopo un periodo di studio delle opere di Marx ed Engels aderisce verso il 1890 alle idee socialiste e inizia un lungo carteggio con Engels. Il suo scritto ‘In memoria del Manifesto dei comunisti’, che ottiene il giudizio positivo di Engels, esce nel 1895 e può considerarsi come il primo testo teorico del marxismo italiano. Labriola presenta la teoria di Marx soprattutto come analisi “morfologica” della società moderna e accoglie il criterio della essenzialità del modo di produzione nella determinazione dei tipi storici di società. “Bisogna – scrive Labriola – rivolgersi allo studio delle differenze che corrono tra le varie forme della produzione, quando si tratti di epoche storiche nettamente distinte”. La successione di questi tipi di società (un tema che studiavano anche Durkheim, Toennies e Weber) può essere compresa solo esaminando il dissolversi e il succedersi dei differenti modi di produzione. Labriola concludeva con una esortazione realistica: “Siamo alla prosa; ed anche il comunismo diventa prosa: ossia è scienza… Non lamenta il pauperismo per eliminarlo. Non spande lacrime su niente…”. Nel 1896, usciva un altro saggio di Labriola intitolato ‘Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare’, che Croce – un anno dopo – giudica come “la più ampia e profonda trattazione dell’argomento”. L’assunto rivoluzionario e la meta della nuova dottrina – scrive Labriola – è di contrapporre e poi sostituire al miraggio di ideazioni non critiche, veri e propri “idoli della immaginazione”, i “soggetti reali, ossia le forze positivamente operanti, ossia gli uomini nelle varie e circostanziate situazioni sociali”” [Umberto Cerroni, Il pensiero politico italiano, 1995]