“Quanto all’atteggiamento di Mill, è evidentemente critico nei confronti delle frange più estremiste dell’Internazionale; e non è certo azzardato supporre che, quando si parla di «espropriare tutto il mondo», di «abbattere tutti i governi esistenti» senza peraltro proporre valide alternative, il suo bersaglio sia «la dittatura del proletariato» teorizzata dai marxisti. E d’altronde già nel 1869, nei ‘Chapters on Socialism’ Mill, modificando la distinzione fatta nei ‘Principi, parlava di due tipi di socialisti (…). È probabile che con il nome di «socialisti rivoluzionari» Mill indicasse gli aderenti all’Internazionale, di cui leggeva i giornali e di cui conosceva i delegati inglesi George Odger (77) e W. Randall Cremer (78), primo segretario del Consiglio generale. (…) Il rifiuto di usare il termine «rivoluzione» per indicare movimenti di riforma politica e sociale è ancora ribadito da Mill nella lettera a Thomas Smith, Segretario della sezione di Notthingham della ‘International Workingmen’s Association’, che gli aveva inviato una copia del programma dell’Associazione dal titolo ‘The Law of the Revolution’. Mill ritiene un errore definire le dottrine dell’Associazione, che pur sono essenziali per instaurare un governo più giusto, come «principi della rivoluzione sociale e politica», perché il termine «rivoluzione» è estraneo alla mentalità inglese, più attenta ai fatti che alle parole; vi è poi il pericolo che se gli uomini «si schierano sotto le bandiere di amici o di nemici della ‘Rivoluzione’, si perda di vista il problema più importante, che è giusto e utile, che i provvedimenti vengano giudicati non per il loro valore, ma per l’analogia che sembrano avere con una astrazione irrilevante» (80). Il diverso significato annesso al termine «rivoluzione» nel linguaggio di Mill e in quello di Marx indica sostanzialmente un diverso atteggiamento teorico: per Mill, che intende per «rivoluzione» un cambiamento di governo conseguito con la forza, occorre evitare l’uso di un linguaggio politico che inciti alla lotta di classe, più emotivo e metafisico che razionalmente concreto; per Marx certi termini, come appunto «rivoluzione», indicano un cambiamento radicale nei rapporti socio-economici e servono ad accrescere lo spirito di classe dei lavoratori, a dare il senso di una loro missione storica (81). L’opposizione di Mill al socialismo rivoluzionario nei suoi aspetti totalitari, l’insistenza sul fatto che si debba procedere attraverso riforme all’interno del tessuto istituzionale della proprietà privata, e d’altro canto il costante sostegno alla causa dell’uguaglianza e della giustizia sociale inseriscono l’atteggiamento di Mill nell’ambito di un socialismo liberale e cooperativistico, più vicino ai primi Fabiani (82) che non al socialismo dei nostri giorni” (pag 153-156) [Maria Teresa Pichetto, ‘Verso un nuovo liberalismo. Le proposte politiche e sociali di John Stuart Mill’, Franco Angeli, Milano, 1996] [(77) George Odger fu per dieci anni (1862-1872) segretario della London Trades Council e tra i fondatori dell’International Workingmen’s Association; nel 1871 diede le dimissioni perché contrario all’appoggio dato da Marx alla Comune di Parigi. Mill sostenne la candidatura di Odger in Parlamento come indipendente e gli dimostrò la sua stima: cfr. le lettere di Mill a Odger, C.W., vol. XVII, pp. 1697 e 1816; (78) William Randall Cremer (1838-1908) fu, nel 1865 segretario della sezione inglese dell’ ‘International Workingmen’s Association’, segretario fino alla morte della ‘Workingmen’s Peace Association’ e vincitore nel 1903 del premio Noble per la Pace. La sua adesione alla campagna per l’estensione del suffragio alle classi lavoratrici lo portò ad intrattenere dei rapporti con Mill; (80) J.S. Mill, ‘Lettera a Th. Smith, 4 Oct. 1872, C.W., vol. XVII, pp. 1910-1912 (…). Da questa lettera trae spunto un articolo sul “Bee-Hive” in cui l’editorialista esprime disprezzo per i metodi politici e perfino per il linguaggio usati dagli Internazionalisti: «Non conosciamo nulla di simile alla ‘Rivoluzione’, che appartenga al presente e al futuro dell’Inghilterra… I lavoratori d’Inghilterra sanno ciò che vogliono e possono esprimersi in relazione ai loro bisogni nella loro lingua nativa» (L.a., ‘J.S. Mill and the International’, “Bee-Hive”, 9 Nov., 1872, p. 9, riportato da E. Biagini, ‘Il liberalismo popolare’, cit., pp. 61-62; sulla base di questo e di molti altri articoli Biagini mette in evidenza il fatto che in Inghilterra l’Internazionale aveva incontrato poco successo e la cattiva stampa di cui godeva Marx contrastava con la larga diffusione che si dava alle idee di Mill; (81) Cfr. su questo punto L.S. Feuer, ‘J.S. Mill and Marxian Socialism’, cit., p. 302. Shapiro, nel ‘Comment’ a Feuer, ivi, pp. 303-304, osserva che passando dalla lettura delle pagine di Mill a quello di Marx si nota un cambiamento improvviso del clima intellettuale: «il cambiamento dal liberalismo tollerante e democratico al comunismo intollerante e autoritario»; (82) Cfr. quanto scrive Sidney Webb in ‘Fabian Essays in Socialism’, a cura di G.B. Shaw, London, W. Scott, 1899 e J. West nel ‘Fabian Tract’, n: 168 (London, 1913) che definisce Mill il primo dei Fabiani]
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- Articolo pubblicato:23 Marzo 2025