“Per quanto riguarda le prospettive di uno sviluppo politico dei paesi a economia capitalistica, in ‘Wirtschaft und Gesellschaft’ si possono certamente trovare considerazioni illuminanti a proposito sia dell’affermarsi dei «partiti di pura appropriazione», sia dall’emergere di un sistema rappresentativo fondato sulla «rappresentanza di interessi», orientato verso la ricerca del compromesso come mezzo normale di soluzione dei conflitti (69); ma, collegando i due fenomeni, Weber ha finito per considerare quest’ultimo il risultato della struttura di classe dei grandi partiti moderni. Ma, forse, lo ha colto il sospetto che potesse costituire il segno di una trasformazione che avrebbe portato alla rinascita di un’organizzazione di carattere corporativo. Su un punto Weber concordava infatti con l’analisi marxiana, al di là della profonda distanza che da essa lo separava sia sul terreno metodologico sia per l’interpretazione complessiva del mondo moderno e del suo sviluppo: nella convinzione che nella società contemporanea la struttura di classe avesse ormai soppiantato – o almeno relegato ai margini – l’antica struttura corporativa fondata sui «ceti». Pur non condividendo né l’impostazione dicotomica dell’immagine marxiana della società capitalistico-borghese, incentrata sul conflitto tra la classe dei detentori dei mezzi di produzione e il proletariato industriale, né la tesi della crescente pauperizzazione di quest’ultimo e della graduale scomparsa delle classi intermedie, e ancor meno la predizione (o l’utopia) di un superamento rivoluzionario dell’assetto sociale fondato sulla proprietà privata, che avrebbe dovuto condurre alla nascita di una società senza classi, Weber riteneva tuttavia – d’accordo con Marx – che i «ceti» e il loro particolarismo fossero un fenomeno appartenente al passato. L’unico indizio in senso opposto che egli scorgeva era, come si è visto, quello offerto dalla burocrazia e della sua tendenza a farsi portatrice di interessi di ceto. Ma tale tendenza era subito ricondotta al mutamento di funzioni dell’amministrazione burocratica: che essa potesse invece burocratizzarsi, che la struttura di classe della società contemporanea potesse trasformarsi e, per così dire, frantumarsi dando vita a una molteplicità di gruppi in conflitto reciproco per la conquista di privilegi e per il loro mantenimento a spese di altri gruppi, è una prospettiva che rimase sempre estranea a Weber. Ed essa sarebbe apparsa, del resto, incompatibile con il processo di livellamento delle differenze economiche e sociali, in cui riconosceva una direzione fondamentale della democratizzazione” (pag 75-76) [Pietro Rossi, ‘Max Weber e la teoria della politica’, (in) ‘Per una teoria generale della politica. Scritti dedicati a Norberto Bobbio’, Passigli editore, Firenze, 1986, a cura di Luigi Bonanate e Michelangelo Bovero]
[(69) Si veda ”Wirtschaft und Gesellschaft’ , parte prima, capitolo III, rispettivamente § 18 e § 22, vol. I, pp. 167-69 e 174-76, trad. it. cit., vol. I, pp. 282-85 e 295-97]