“Lo zoologo Karl Vogt, che apparteneva al gruppo del «Deutsches Haus» e caldeggiava una federazione di tutto l’impero tedesco con l’intera Austria, in un discorso fragorosamente acclamato dalla sinistra affermò che era giunto il momento di affrontare, insieme a Polonia e Ungheria, la battaglia decisiva tra Est e Ovest. «Signori, la guerra santa della cultura dell’Occidente contro la barbarie dell’Oriente non va svilita e avvelenata riducendola a un duello fra la casa d’Asburgo e quella di Hohenzollern (…). No, signori miei, dovete essere determinati a lasciare che questa guerra sia ciò che deve essere una battaglia dei popoli» (13). Vogt era un democratico borghese. Nella militanza delle loro richieste, i padri del «socialismo scientifico» si spingevano molto oltre quello che reclamava la sinistra parlamentare. Il fatto che, per la sua politica controrivoluzionaria Schwarzenberg potesse appoggiarsi a un’ampia parte delle nazionalità slave, specialmente cechi, croati e sloveni, indusse Friedrich Engels a invocare l’annientamento di questi popoli. Nel gennaio 1849 sulla «Neue Rheinische Zeitung» Engels parlò, riferendosi agli slavi del Sud, di «nazioncelle», di «rovine di popoli» e «avanzi di popoli» che rappresentano la controrivoluzione, minacciando: «La prossima guerra mondiale farà sparire dalla faccia della terra non soltanto classi e dinastie reazionarie, farà sparire anche interi popoli reazionari». In capo a un mese, lo stesso autore prometteva allo «slavismo traditore della rivoluzione» una «lotta di annientamento e terrorismo senza riguardi – non nell’interesse della Germania, ma nell’interesse della rivoluzione». Il termine «guerra mondiale» Engels l’aveva ripreso da Karl Marx. Nel suo articolo di Capodanno apparso sulla «Neue Rheinische Zeitung», Marx era arrivato alla conclusione che la rivoluzione avrebbe vinto solo nella forma di una guerra europea, anzi mondiale, una guerra che sarebbe dovuta iniziare con il rovesciamento della borghesia francese per poi coinvolgere sia l’Inghilterra capitalista sia la Russia, la potenza dominante della «barbarie orientale»: «’insurrezione rivoluzionaria della classe operaia francese, guerra mondiale: ecco il sommario dell’anno 1849» (14). Nel periodo in cui comparvero questi articoli, a Vienna, Parigi e Berlino la controrivoluzione aveva già vinto. La guerra mondiale che Marx voleva scatenare avrebbe dovuto arginare l’ulteriore avanzata della controrivoluzione e cancellarne i successi ottenuti fino a quel momento, trasformandosi nella rivoluzione proletaria mondiale. La sinistra, da Karl Marx fino a Karl Vogt, a ragione vedeva nell’impero zarista il nemico mortale della rivoluzione europea, ed era quindi coerente quando poneva una guerra vittoriosa contro la «barbarie» orientale come condizione per il trionfo della rivoluzione. Esortando la Prussia a opporsi alla controrivoluzione viennese, Waldeck perseguiva obiettivi solo apparentemente più modesti: se il governo prussiano avesse orientato la sua politica sulle richieste avanzate dalla sinistra in entrambe le Assemblee nazionali, quella di Berlino come quella di Francoforte, l’ampliamento del conflitto germanico fino a trasformarlo in un guerra europea sarebbe stato assicurato. La sinistra aveva ragione quando affermava che le forze del vecchio regime avevano fatto in fretta a riprendersi dagli scossoni del marzo 1848, grazie alla disponibilità dall’intesa dei liberali moderati” (pag 24-25) [Heinrich August Winkler, ‘I tedeschi e la rivoluzione. Una storia dal 1848 al 1989’, Donzelli, Roma, 2024] [(13)’Stenographischer Bericht, cit. VI, pp. 5807 sgg. (Radowitz, 17 marzo 1849), p. 5823 (Vogt, 17 marzo 1849), Mohl, (17 marzo 1849); (14) Karl Marx, ‘Die revolutionäre Bewegung’; in MEW, VI, pp. 148-50, 150 (corsivo nell’originale) (‘Il movimento rivoluzionario’, in MEO, VIII, Novembre 1848-marzo 1849′, trad. it, di M. Pflug, Editori Riuniti, Roma, 1976, pp. 211-3; 213), F. Engels, ‘Der magyarische Kampf, in MEW, VI, pp. 165-76; 172, 176 (‘La lotta dei magiari, in MEO, VIII, pp. 226-37; 232-3, 237); Id., ‘Der demokratische Panslawismus’, in MEW, VI, pp. 271-86; 286, (‘Il panslavismo democratico’, in MEO, VIII, pp. 364-81; 381)]