“Quasi nessuno rinunciò, dopo gli United Irishmen, allo specifico elemento culturale nella definizione della nazione irlandese. Michael Collins (1890-1922), negoziatore del trattato di pace del 1921, riprese con insistenza il tema in alcuni interventi pubblicati postumi nel 1922 (31). «L’Irlanda non è stata sottomessa solo grazie all’occupazione britannica. Lo è stata grazie alla distruzione, dopo grandi sforzi, della nostra civiltà gaelica. (…) Noi avevamo una cultura indigena. (…) la civiltà gaelica era completamente differente, (…) l’amore per il sapere e per le arti militari era una tradizione che apparteneva al popolo intero. (…) L’anima gaelica del popolo irlandese è ancora viva. In se stessa è indistruttibile. (…) Gli inglesi hanno rovinato la nostra lingua, l’hanno annientata (…). Il compito maggiore sarà ripristinare la lingua. Come possiamo esprimere i nostri pensieri più sofisticati e i nostri sentimenti più delicati in una lingua straniera? (…) La nostra musica, la nostra arte e la nostra letteratura debbono vivere nel popolo stesso. (…) Ci troviamo di fronte alla grande opera di costruire la nostra nazione». La tendenza sopradescritta non rimase però incontrastata, anche perché essa considerava protestanti e ‘dissenters’ di cultura anglofila come un elemento da inglobare oppure, se portata alle estreme conseguenze, come un elemento da escludere. Negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, emerse il ‘topos’ storiografico delle “due nazioni” (32). Mentre, nel 1913, la Irish Revolutionary Brotherland (33) indiceva una grande manifestazione nel luogo di sepoltura di Wolfe Tone (34), presentandolo come il padre della nazione irlandese, la pubblicazione, avvenuta nello stesso anno, di ‘The Two Irish nations’ di William Monypenny negava recisamente che si potesse parlare di nazione al singolare nel caso dell’Irlanda. Patrick Pearse, futuro leader dell’insurrezione di Pasqua del 1916, nel discorso pronunciato sulla lapide di Tone, aveva dichiarato che lo United Irishman aveva dato “all’Irlanda un chiaro, preciso e concreto concetto di nazionalità” (35); Monypenny teorizzò, al contrario, che i protestanti concentrati in Ulster e i cattolici presenti in maggioranza nel resto del paese appartenevano a due nazioni diverse. Con questa tesi, Monypenny si schierò contro l’ Home Rule (il progetto di autonomia sotto la Corona britannica), rifiutando di considerarlo un progetto attuabile e sostenendo che “l’unica speranza di unità” fra irlandesi era, ancora una volta, “l’Unione con la Gran Bretagna” (36)” [Manuela Ceretta, ‘Nazione e popolo nella rivoluzione irlandese. Gli United Irishmen, 1791-1800’, Franco Angeli, Milano, 1999] [(31) M. Collins, ‘La nostra cultura specifica. L’antica civiltà irlandese. Le glorie del passato’ in Id. ‘La strada per la libertà’, a cura di G. Giorello, Raffaele Cortina, 1997, pp. 97-108; (32) W.F. Monypenny, ‘The Two Irish nations. An Essay on Home Rule’, London, J. Murray, 1913; (33) Il movimento nazionalista e rivoluzionario feniano, la Irish Revolutionary Brotherhood, fu fondato a Chicago nel 1858 da J. O’Mahoney: esso attirò notevole attenzione da parte della sinistra europea. Karl Marx, ad esempio, scriveva: «All’accumulazione della rendita fondiaria in Irlanda si accompagna di pari passo l’accumulazione degli irlandesi in America. L’irlandese scacciato dalle pecore e dai buoi rinasce al di là dell’Oceano come ‘fenian’. E di fronte alla vecchia regina dei mari si leva minacciosa, sempre più minacciosa, la giovane gigantesca repubblica» (‘Il Capitale’, cit., Libro I, p. 895; (34) T.J. O’Keefe, “Who fears to speak of ’98?”, The Rethoric and Rituals of the United Irishmen Centennial’, 1898, “Eire-Ireland, XXVII, 1992, n. 3, pp. 67-91); (35) P. Pearse, ‘Theobald Wolfe Tone. An Adress Delivered at the Grave of Wolfe Tone in Bodenstown Churchyard, 22 giugno 1913, in ‘How Does She Stand? Three Adressess by P.H. Pearse “Ireland of today”, 1915, pp. 3-7; (36) W.F. Monypenny, ‘The Two Irish nations’, cit., pp. 67-68]
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- Articolo pubblicato:27 Dicembre 2024