“L’alloggio proletario nella città industriale. «In occasione di una necroscopia eseguita dal signor Carter coroner del Surrey, sul cadavere della quarantacinquenne Ann Galway il 16 novembre 1843, i giornali così si esprimevano a proposito dell’abitazione della morta: «La donna abitava con il marito e il figlio diciannovenne al numero 3 di Withe-Lyon-Court, Bermondsey street, Londra, in una stanza dove non c’era un letto o qualcosa che gli somigliasse, né alcun altro mobile. Essa giaceva morta accanto al figlio sopra un mucchio di piume che erano sparse anche sul suo corpo seminudo, poiché non esistevano coperte né lenzuola (…) in una parte del pavimento i mattoni erano stati divelti e il buco veniva usato dalla famiglia come latrina» (1). Quando Friedrich Engels (1820-1895) raccoglie queste tragiche testimonianze ha poco più di vent’anni; figlio di un importante industriale tedesco, è stato inviato dal padre a studiare la concorrenza nel Regno Unito. Passerà quasi due anni, dal 1842 al 1844, a indagare l’organizzazione produttiva nelle principali città industriali del regno. A Londra, Dublino, Edimburgo e Manchester frequenta i quartieri operai, raccoglie informazioni sulla vita dei lavoratori, si documenta su fonti ufficiali e su testimonianze di prima mano, fino a pubblicare nel 1845 quello che è forse uno tra i primi e più documentati testi di sociologia urbana: ‘La situazione della classe operaia in Inghilterra. Engels dedica un’attenzione particolare non soltanto alle condizioni di vita dei lavoratori, ma anche al contesto fisico dove essa si svolge. Egli non nasconde di essere affascinato dalle dimensioni della capitale, dalla potenza che emana la sua organizzazione produttiva e commerciale. (…) In effetti tra fine Settecento e inizio Ottocento prima in Inghilterra, poi in Germania, in Francia e nelle altre nazioni d’Europa e del Nord America, il processo di industrializzazione della produzione determina la concentrazione di vaste masse di popolazione nelle città e nelle zone di estrazione mineraria dando vita a una delle maggiori trasformazioni della storia urbana forse mai avvenute: la nascita della città industriale. (…) Un’edificazione senza regole investe le città e i centri produttivi determinando nuovi panorami urbani, caratterizzati dalla presenza degli altri camini delle manifatture che con i loro fumi anneriscono i cieli. Nei dintorni prati e campi sono invasi dai detriti degli scavi, coperti dalle ceneri delle ciminiere, fiumi e canali si trasformano in scarichi maleodoranti per gli scarti delle lavorazioni e la raccolta delle deiezioni. L’affollamento, l’assenza di provvidenze sanitarie, le condizioni di lavoro durissime, prive di tutele, generano povertà e soluzioni abitative disperate per centinaia di migliaia, milioni di persone. Ancora Engels: «Ogni mattina a Londra cinquantamila persone si alzano senza sapere dove potranno posare il capo la notte seguente. I più fortunati tra loro, che riescono a mettere da parte per la sera 1 o 2 pence, vanno in uno dei cosiddetti ricoveri (Lodging House) dei quali in ogni grande città esiste un buon numero, e dove in cambio del denaro ricevono asilo. Ma quale asilo! Da cima a fondo la casa è piena di letti 4, 5, 6 letti in ogni stanza, quanti ne entrano. In ogni letto vengono messe 4, 5, 6 persone, anche qui quante ne entrano, malati e sani, vecchi e giovani, uomini e donne, ubriachi e sobri, come capita, tutti mescolati. Naturalmente ne derivano liti, bastonature e ferimenti, e se i compagni di letto si mettono d’accordo è ancora peggio perché allora si concertano rapine o si commettono cose così bestiali che il nostro linguaggio di uomini non può riferire» (3)” (pag 17-20) [Guido Montanari, ‘La casa dei poveri. Edilizia popolare dai quartieri operai alla crisi attuale’, Rosenberg & Sellier, Torino, 2024] [(1) Friedrich Engels, ‘La situazione della classe operaia in Inghilterra’, Londra, 1845, Editori Riuniti, Roma, 1972, p. 69; … (3) Ivi, p. 71]