“La discussione sulle «due tattiche della socialdemocrazia» costituiva l’aspetto immediatamente politico dell’insicurezza ideologica scaturita dalla sconfitta della Rivoluzione del 1905 e alla quale Lenin reagisce. I volumi dal decimo al tredicesimo delle opere di Lenin rispecchiano gli aspetti della politica quotidiana e le singole questioni che agitavano il partito tra il 1905 e il 1908. Ancora una volta Lenin sottolinea l’importanza di non perdere di vista i principi riguardanti i dettagli pragmatici. Nel 1908 vennero pubblicate contemporaneamente quattro opere, che, parallelamente all’indebolimento delle linee rivoluzionarie del partito, cercavano di intraprendere una revisione teorica del marxismo. Tra gli autori ci sono alcuni capi bolscevichi di primo piano. Lenin accoglie subito la sfida e indica per nome gli avversari: «In meno di sei mesi sono usciti quattro libri contenenti principalmente, quasi esclusivamente, attacchi al materialismo dialettico. Vi fanno parte soprattutto (…) una raccolta di articoli di Basarov, Bogdanov, Lunacarskij, Berman, Gelfond, Juskevic, Suvorov; inoltre i libri ‘Materialismus und Kritischer Realismus’ di Juskovic, ‘Die Dielektik im Lichte der Erkennetnistheorie’ di Berman e ‘Die philosophischen Konstruktionen des Marxismus’ di Valentinov. (…) Tutte queste persone pretendono di essere marxisti in filosofia! La dialettica engelsiana è ‘mistica’ dichiara Berman. Le idee di Engels sono “invecchiate”, lascia intendere Basarov per inciso come qualcosa di ovvio. Il materialismo è confutato dai nostri intrepidi combattenti che si rifanno orgogliosamente alla “moderna teoria della conoscenza”, alla “filosofia più recente” (o al “positivismo più recente”), alla “moderna filosofia delle scienze naturali” o ancora alla “filosofia delle scienze naturali del XX secolo”» (LW 14, 9). Il modello non è ignoto. Da Bernstein, Kautsky e Marcuse fino a oggi i revisionisti hanno sempre sostenuto di essere autentici marxisti. Il significato di ‘Materialismo e empiriocriticismo’ di Lenin consiste nel fatto che egli, come Marx e Engels nelle loro critiche programmatiche, indica le conseguenze politiche della divergenza concettuale, mette in rilievo la necessità dell’unità filosofica in relazione ai principi relativi alla visione del mondo, teorico-sociali e politici del marxismo e si attiene alla teoria della conoscenza e all’ontologia (dialettica della natura) come imprescindibili parti costitutive del marxismo. Nell’insieme di questi elementi egli consolida le colonne portanti dell’edificio che chiamiamo materialismo dialettico. Chi vi rinuncia, in favore del mero aspetto storico che si rivolge alla sola economia politica, ha abbandonato il terreno del marxismo. Su questo punto il leninismo si pone come la coerente continuazione del programma marxista, che esige il superamento della filosofia come realizzazione della filosofia. Oggi non appare più interessante la sua critica dei positivisti russi e dei suoi modelli tedeschi, non così il suo compendio di dialettica materialistica e di unità di filosofia e prassi. Così dietro la polemica con gli empiriocriticisti si trova un tema assai più rilevante: da una parte la critica a Kant in quanto espressione classica dell’idealismo soggettivo, dall’altra l’inevitabile trasformazione dell’idealismo in religione, della conoscenza in fede, ciò che Lenin chiama «fideismo». Lenin espone i presupposti di questa trasformazione in tre passaggi. (…) Oggi leggiamo Lenin in modo diverso da cento anni fa. Allora era all’ordine del giorno la lotta contro il positivismo che, come una forma di revisionismo, si infiltrava nel marxismo. Da allora le forme dell’ideologia revisionistica si sono spesso modificate. Lo stesso Lenin non è più tornato sull’empiriocriticismo. Questo era liquidato. Ma non il revisionismo, che in molte varianti erode le basi del marxismo sul piano politico e filosofico e col quale i confronto non può cessare. Alle radici filosofiche di tale discussione, dalle quali derivava il revisionismo, era rivolto l’interesse immutato di Lenin; esse sono state affrontate per la prima volta in ‘Materialismo e empiriocriticismo’ e poi continuamente messi in rilievo nelle annotazioni su Hegel. Non dimentichiamo che lo studio di Hegel da parte di Lenin si è sviluppato nel contesto del tradimento della socialdemocrazia all’inizio della prima guerra mondiale. Ciò che Lenin ha riconosciuto e manifestato fin dai tempi della polemica contro gli empiriocriticisti è il fatto e le interna necessità che ogni strategia revisionistica scaturisca da presupposti universalistici, filosofici e attinenti alla visione del mondo e si appoggi ad essi a sua giustificazione” (pag 36-38, 44) [Hans Heinz Holz, ‘Lenin e la lotta dei partiti nella filosofia’, ‘Marxismo Oggi’, Milano, n. 2-3, maggio-dicembre 2009, traduzione dal tedesco di Costantino Avanzi] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:5 Gennaio 2020