“Dato che la classe dominata non ha la consapevolezza di sé, è destinata necessariamente a compiere errori, sconfitte etc. E’ proprio attraverso queste sconfitte che si può portarla al livello teorico, alla consapevolezza di sé e quindi della formazione economica e sociale. Quindi, un’agitazione fatta in questi termini. Per quanto mi riguarda, è quello che abbiamo sempre fatto (fare testi più brevi degli articoli, perché possa scrivere titoli più lunghi). Voi avete perso: è per questo che dovete diventare leninisti. In questo modo si forma la coscienza portata dall’esterno, altrimenti è illuminismo, predica alla bordighista (fra di loro). L’agitazione va fatta nell’azione politica e con l’analisi scientifica sviluppata dal partito. Non restare condizionati però da quelle sconfitte, quando proprio da queste si deve partire per alzare il livello del movimento reale. Il partito deve accettare il movimento generale della classe operaia come punto di partenza, dice Engels; occorre accettare il movimento come punto di partenza. Invece il bordighismo: ad es. sul referendum, Bordiga direbbe che la classe operaia è nella degenerazione massima, strumento dell’imperialismo, e quindi occorre difendere il programma. Trotsky su questo sarebbe assolutamente d’accordo, occorre applicare una tattica etc. Di fronte a un Trotsky mi tolgo il cappello: però tu, Trotsky, puoi fare una tattica, ma tutti gli altri diventano dei tatticisti, e il partito si riempe di tatticisti! Per portare il movimento al livello teorico bisogna dirgli perché ha perso, e non perché e come ha vinto. Ecco la concezione di Lenin sulla ritirata ordinata che noi abbiamo ripreso anni fa. E’ la storia del marxismo in fin dei conti. La diffusione della scuola marxista si ha quando ci sono grosse sconfitte: il marxismo in Francia si sviluppa dopo la Comune, e dopo, quando Marx ed Engels in forma pubblica, difesero la Comune ma anche la attaccarono, senza timore di essere accusati di affossatori, di maramaldi. Lo stesso si può vedere anche nel movimento operaio in Italia, partito da garibaldini delusi. Marx, Engels, Bakunin in queste lotte intervengono, precisando errori e sconfitte, e attorno a quelli si raggruppa una minoranza cosciente. E’ quello che farà Lenin con i populisti. Quanto Lenin attacca i populisti, attacca una generazione gloriosa (perfino suo fratello lo era), sapendo superare inevitabili risvolti sentimentali. E così attira parecchi populisti, che stanno ragionando sulle cause della sconfitta. Se nel movimento reale non ci sono forze che ragionano sulla sconfitta, allora è grave. Occorre coagulare queste forze, che si pongono questi problemi, e lo si può fare solo attaccando, criticando apertamente gli errori e le sconfitte subite. Poi certamente una parte di questo movimento passerà dall’altra parte, una parte verrà selezionata in questo processo. Come in tutti i problemi, non c’è una facile soluzione. Il nostro non deve essere un partito consolatorio, che “consola” delle sconfitte subite dal movimento. Passano anni dalla ripresa dalla Comune di Parigi, e la ripresa viene da uomini che, pur difendendo lotte sbagliate e i loro artefici, non si fanno problemi a criticarle. Anzi, è proprio criticandole che si difendono questi uomini. Così come noi difendiamo il patrimonio di un Trotsky o di un Bordiga proprio attraverso una analisi critica delle sconfitte. Se non si fa una analisi critica delle sconfitte, si fa un partito consolatorio, e tale era anche il gruppo bordighista. Attribuire le cause delle sconfitte all’opportunismo diventa non solo consolatorio, ma auto assolutorio, e quindi si cade nel nullismo. Bisogna portare al livello teorico, portare la coscienza dall’esterno; il partito è coscienza esterna che si è resa consapevole del perché vi sono state delle sconfitte” [Verbale 6.11.1987] (pag 301-302) [Arrigo Cervetto, ‘Opere. 22. Relazioni 1987-91’, Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2017] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]