“Il nuovo governo, presieduto da Ivanoe Bonomi, guardò al fenomeno ardito-popolare con estrema preoccupazione, poiché la comparsa delle formazioni armate antifasciste rischiava di affossare l’ipotesi della realizzazione di un trattato di tregua tra socialisti e fascisti, quello che fu, nemmeno un mese dopo, il “Patto di pacificazione”, fortemente auspicato dal presidente del Consiglio (33). Il 6 luglio 1921, presso l’Orto botanico di Roma, ebbe luogo un’importante manifestazione antifascista alla quale presero parte migliaia di lavoratori e la cui eco arrivò fino a Mosca: la “Pravda” del 10 luglio ne fece infatti un dettagliato resoconto e lo stesso Lenin, favorevolmente colpito dall’iniziativa e in polemica con la direzione bordighiana del PCd’I, non ebbe dubbi a indicarla come esempio da seguire (34). Dopo questo imponente raduno, la struttura paramilitare antifascista divenne, nel volgere di pochi giorni, un’organizzazione diffusa capillarmente. Le linee di espansione dell’associazione seguirono, principalmente, le direttrici che dalla capitale conducono a Genova (Civitavecchia, Tarquinia, Orbetello, Piombino, Livorno, Pisa, Sarzana, La Spezia) e ad Ancona (Monterotondo, Orte, Terni, Spoleto, Foligno, Gualdo Tadino, Iesi). Ma anche in molti altri centri al di fuori di queste due vie di comunicazione gli Arditi del popolo riuscirono a costituirsi in gruppi numericamente consistenti. Rilevanti furono, a riguardo, quelli del Pavese, di Parma, Piacenza, Brescia, Bergamo, Vercelli, Torino, Firenze, Catania e Taranto. Ma anche in alcuni centri minori gli Arditi del popolo riuscirono ad organizzarsi efficacemente (35). Prendendo in considerazione le sole sezioni la cui esistenza è certa, l’organizzazione antifascista risultava strutturata, nell’estate del 1921, in almeno 144 sezioni che raggruppavano quasi 20 mila aderenti. Le 12 sezioni laziali (con più di 3.300 associati) primeggiavano insieme a quelle della Toscana (18, con oltre 3.000 iscritti). In Umbria gli Arditi del popolo erano quasi un migliaio, in 12 strutture organizzate. In Italia settentrionale, la diffusione del movimento era significativa in Lombardia (17 sezioni che inquadrano più di 2.100 Arditi del popolo), nelle Tre Venezie (15 nuclei per circa 2.200 militanti) e, in misura minore, in Emilia Romagna (18 sezioni e 1.400 associati), Liguria (4 battaglioni e circa 1.100 Arditi del popolo) e Piemonte (8 sezioni e circa 1.300 aderenti). Nel Meridione le sezioni erano 7 sia in Sicilia che in Campania, 6 in Puglia, 2 in Sardegna e solo una in Abruzzo e in Calabria, mentre gli iscritti erano circa 600 in Sicilia, poco più di 500 in Campania e nelle Puglie, quasi 200 in Abruzzo e poco meno in Calabria, 150 in Sardegna (36). Insieme alle adesioni arrivarono anche i primi successi militari: le difese di Viterbo (che vide la cittadinanza stringersi attorno ai militanti antifascisti per respingere l’assalto degli squadristi perugini) e di Sarzana (nei cui scontri restarono uccisi una ventina di fascisti), organizzate dagli Arditi del popolo dei due centri, disorientarono e incrinarono la compagine mussoliniana: le due anime del fascismo individuate da Gramsci, quella urbana – più politica e disponibile alla trattativa – e quella agraria – essenzialmente antipopolare e irriducibile a ogni compromesso – giunsero a un passo dalla scissione. Ma, violentemente osteggiati dal governo Bonomi, gli Arditi del popolo non ricevettero, tranne qualche eccezione il sostegno dei gruppi dirigenti delle forze del movimento operaio e nel giro di pochi mesi ridussero notevolmente il loro organico, sopravvivendo in condizioni di clandestinità solo in poche realtà tra le quali Parma, Ancona, Bari, Civitavecchia e Livorno; città in cui riuscirono, con risultati differenti, a opporsi all’offensiva finale fascista nei giorni dello sciopero generale “legalitario” dell’agosto 1922. Già nell’autunno precedente, comunque, l’azione congiunta di governo e Magistratura aveva dato i suoi frutti: le sezioni dell’associazione si erano ridotte a una cinquantina e gli iscritti a poco più di seimila (37)” [Andrea Staid, ‘Gli arditi del popolo. La prima lotta armata al fascismo, 1921-22′, Parma, 2015] [(33) Si veda L. Balsamini, ‘Gli arditi del popolo, dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste’, Galzerano, 2002; (34) Lenin afferma: “A Roma, ha avuto luogo un comizio per organizzare la lotta contro il fascismo, al quale hanno partecipato 50 mila operai, rappresentanti di tutti i partiti: comunisti, socialisti e anche repubblicani. Vi sono andati 5 mila ex-combattenti in uniforme militare e non un solo fascista si è azzardato a farsi vedere nelle strade” (V.I. Lenin, ‘Discorsi alla riunione dei membri delle delegazioni tedesca, polacca, cecoslovacca, ungherese e italiana’, vol. XLII, 1968, pp. 306-307); (35) Cfr. E. Francescangeli, ‘Arditi del popolo: Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922), cit., pp. 166-227; (36) Per approfondimenti sulla diffusione territoriale degli Arditi del popolo si veda ‘ibidem’, pp. 256-257; (37) Si veda M. Rossi, ‘Arditi non gendarmi! Dall’arditismo di guerra agli arditi del popolo, 1917-1922’, cit., pp. 111-127 e R. Del Carria, ‘Proletari senza rivoluzione’, cit, pp. 190-195] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
- Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni
- Articolo pubblicato:4 Aprile 2017