“Come Bismarck, anche Marx offre una diversa interpretazione dei fenomeni politici. Per lui la guerra rappresenta non semplicemente la continuazione, bensì la necessaria e inevitabile continuazione della politica, e i singoli eventi bellici acquistano un significato all’interno di una prospettiva storica universale. Marx non dimostra alcun interesse per il mantenimento dell’ordine politico esistente, né per l’integrità territoriale o la sovranità politica degli stati costituiti. La violazione di questi «diritti» non solleva ai suoi occhi alcun problema morale né è sua preoccupazione esigere la punizione dell’aggressore; egli persegue unicamente quegli obiettivi che, indipendentemente da qualsiasi riferimento alla teoria dell’aggressione, si dimostrino in grado di promuovere la causa della rivoluzione proletaria. E’ del tutto in linea con la sua visione della storia che Marx confidasse in una vittoria prussiana nel 1870, se solo si considera che questa avrebbe in primo luogo accelerato il processo di unificazione della Germania facilitando al tempo stesso la crescita dell’organizzazione socialista nel nuovo Reich e, secondariamente, avrebbe definitivamente sancito il predominio della classe lavoratrice tedesca su quella francese (20): «I francesi hanno bisogno di una sconfitta [scrisse in una lettera a Engels]. Se i prussiani uscissero vincitori, allora la concentrazione del potere statale favorirebbe la successiva concentrazione della classe lavoratrice. Il predominio tedesco sposterebbe il polo di attrazione del movimento dei lavoratori in Europa occidentale dalla Francia alla Germania e… la classe lavoratrice tedesca è superiore a quella francese sia dal punto di vista dell’elaborazione teorica sia da quello più strettamente organizzativo. Il riconoscimento della superiorità dei tedeschi sui francesi… assicurerebbe al tempo stesso il sopravvento della nostra teoria su quella di Proudhon, ecc.». Questa, tuttavia, non era opinione che Marx potesse sostenere pubblicamente, non solo perché il farlo l’avrebbe messo in difficoltà con i suoi compagni francesi, ma per ragioni che attengono strettamente alla natura della nostra vita morale. Persino le avanguardie più radicali della classe lavoratrice tedesca si sarebbero rifiutate di uccidere i compagni francesi in nome dell’unità tedesca o di rischiare la vita pur di accrescere il potere del proprio partito (o della teoria marxiana!) all’interno dell’internazionale socialista. L’argomento di Marx non era, nel senso più letterale del termine, una spiegazione ‘possibile’ del perché i tedeschi avessero deciso di combattere né del giudizio secondo cui la loro era, almeno inizialmente, una guerra giusta. Se davvero volessimo spiegarci quel giudizio, faremmo meglio a prendere le mosse dalla semplicistica affermazione di un membro britannico del Consiglio generale dell’Internazionale: «la Francia» disse John Weston, «è stata la prima ad invadere» (21). Oggi siamo in grado di dire che Bismarck si impegnò a fondo e con la sua solita fredda determinazione per fare in modo che quell’invasione avesse luogo. La crisi diplomatica che precedette la guerra fu in buona parte una sua invenzione; nulla di ciò che fece, tuttavia, si può dire costituisse una vera e propria minaccia all’integrità territoriale o alla sovranità politica della Francia; nulla di ciò che fece costrinse la Francia a combattere. Bismarck si limitò a sfruttare l’arroganza e la stupidità di Napoleone III e del suo ‘entourage’ riuscendo nell’impresa di porre i francesi dalla parte del torto: questo fu il tributo che offerse alla tanto denigrata opinione pubblica. Ciò spiega perché non sia mai stato necessario correggere l’affermazione di John Weston o di quei membri del partito socialdemocratico dei lavoratori tedeschi i quali dichiararono nel luglio 1870 che era stato Napoleone «con la sua leggerezza» a distruggere la pace dell’Europa: «la nazione germanica… non è altro che la vittima di un’aggressione. Quindi… con grande disappunto, dobbiamo accettare la guerra difensiva come un male necessario» (22). Il «Primo indirizzo» dell’internazionale sulla guerra franco-prussiana, abbozzato dallo stesso Marx per conto del consiglio generale, faceva propria quella posizione: «la guerra dei tedeschi ha un carattere puramente difensivo» (sebbene Marx andasse oltre arrivando a chiedersi: «chi ha messo la Germania nelle condizioni di doversi difendere?» e a far trasparire quindi il vero carattere della politica bismarckiana) (23). I lavoratori francesi vennero sollecitati ad opporsi alla guerra e a rovesciare i bonapartisti al potere mentre i tedeschi vennero invece incitati a prender parte alla guerra, ma in modo tale da mantenerne «inalterato il carattere difensivo»” [Michael Walzer, ‘Guerre giuste e ingiuste. Un discorso morale con esemplificazioni storiche’, Napoli, 1990] [(21) ‘Minutes of the General Council of the First International: 1870-1871’, Moscow, s.d., p. 97; (22) Roger Morgan, ‘The German Social Democrats and The First International: 1864-1872’, Cambridge, England, 1965, p. 206; (23) «First Address on the General Council of the International Working Men’s Association on the Franco-prussian War», in Marx Engels, ‘Selected Works’, Moscow, 1951, I, p. 443]