“(…) il punto d’avvio della polemica di Brjusov fu uno scritto di Lenin destinato ad assumere un significato di grande rilievo nella politica culturale sovietica (soprattutto a partire dal periodo staliniano): l’articolo, intitolato ‘L’organizzazione di partito e la letteratura di partito’, fu poi assunto come fondazione di quel concetto di ‘partijnost’ (partiticità o spirito di partito) che da decenni costituisce il cardine dell’ideologia sovietica applicata alla direzione della vita culturale e artistica. L’articolo di Lenin, pur nella sua lineare chiarezza, ha un’ambiguità non voluta dall’autore, ma generata dalla sua visione generale del marxismo e del partito. L’uso che di questo scritto è stato fatto durante il periodo staliniano, quasi in esso vi fosse una difesa della più rigida censura politica nei riguardi della letteratura in particolare, richiede un esame attento per restituire a questo intervento di Lenin il suo significato autentico e la sua autentica ambiguità. L’occasione immediata dell’articolo fu offerta dalla situazione davvero singolare che si creò nella redazione del giornale in cui apparve: «Novaja zizn’» («Vita nuova»), il primo giornale legale bolscevico, che uscì dal 27 ottobre al 3 dicembre 1905 a Pietroburgo. Ne fu fondatore e direttore Nikolaj Minskij, un poeta simbolista mistico e decadente che, fatto tutt’altro che raro nella cultura russa del tempo, era giunto a una sintesi tra una nuova religiosità e la rivoluzione sociale. L’atmosfera rivoluzionaria del 1905 sembrava cementare questa sintesi agli occhi di Minskij, ma sul piano politico concreto si aprirono per lui aspre contraddizioni, quando, mediatore Gorkij, egli offrì il suo nuovo giornale alla collaborazione di un gruppo id socialdemocratici guidati da Lenin. Minskij non sapeva, evidentemente, che cosa fosse il neonato bolscevismo come gruppo all’interno del partito socialdemocratico russo, ma ben presto si accorse che la sua ingenua idea di una pacifica collaborazione tra letteratura (decadente) e politica (bolscevica) non aveva alcuna possibilità reale. Anzi il dissidio penetrava, naturalmente, nella stessa sfera letteraria, nella quale Gorkij sosteneva posizioni filo-bolsceviche assai lontane da quelle di Minskij. Fu nell’intricata polemica interna per il controllo del giornale che Lenin intervenne col suo articolo, il quale aveva quindi un significato immediato ben preciso, in quanto costituiva una rivendicazione di adeguamento della linea del giornale al programma politico bolscevico, il che comportava l’estromissione del suo incauto fondatore e direttore. Alla luce della sua occasione immediata, ora sommariamente descritta, si capisce anche perché l’articolo di Lenin insistesse tanto sulla subordinazione della «letteratura di partito» all’«organizzazione di partito». Il termine letteratura aveva qui un significato ampio, proprio della lingua russa, e valeva anche come «pubblicistica». Ma quell’articolo di Lenin aveva anche un orizzonte significativo più vasto, secondo la consuetudine del suo autore che tendeva a vedere sempre i problemi particolari come momenti di un progetto generale di azione politica e sociale. Per cui il termine «letteratura» vi assumeva anche il significato di «letteratura artistica» e il rapporto tra «letteratura» e «organizzazione» diventava parte di un rapporto generale tra vita artistica e intellettuale, da una parte, e organizzazione borghese (in atto) e socialista (in potenza) della cultura, dall’altra. Ma neppure in questo suo aspetto l’articolo di Lenin costituiva quel programma di dirigismo censorio della letteratura e, più in generale, della cultura, che fu proclamato in periodo staliniano. Lenin si rende conto della possibilità che il suo ideale di una «letteratura di partito» possa essere interpretato come un soffocamento burocratico della libertà creativa, e afferma: «E’ fuori discussione che il lavoro letterario meno di ogni altro è passibile di un livellamento meccanico, di un dominio della maggioranza sulla minoranza. E’ fuori discussione che in questo campo è necessario garantire il massimo spazio all’iniziativa personale e alle inclinazioni individuali, il massimo spazio al pensiero e alla fantasia, alla forma e al contenuto… Noi siamo lontani dall’idea di predicare un sistema uniforme o una soluzione del problema mediante qualche delibera. No, in questo campo non c’è posto per lo schematismo» (2). Ma queste dichiarazioni possono suonare troppo generiche. Il punto vero del ragionamento di Lenin è là dove egli risponde in anticipo alle obiezioni di chi lo avrebbe accusato di soffocare la libertà creativa: «Calmatevi, signori! Prima di tutto, si tratta della letteratura di partito e della sua sottomissione al controllo di partito. Ognuno è libero di scrivere e di dire quello che gli pare e piace, senza la minima limitazione. Ma ogni libera associazione (compreso il partito) è libera anche di scacciare quei suoi membri che si servono dell’insegna del partito per predicare le idee contrarie al partito. La libertà di parola e di stampa deve essere totale. Ma anche la libertà delle associazioni deve essere totale» (3)” [Vittorio Strada, ‘Dalla «rivoluzione culturale» al «realismo socialista»’, Estratto da ‘Storia del marxismo’, Volume terzo, ‘Il marxismo nell’età della Terza Internazionale. I Dalla rivoluzione d’Ottobre alla crisi del ’29’] [(2) Lenin, ‘Polnoe sobranie socinenij’, vol. 12, pp. 101-2; (3) Ibid., p. 102] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
- Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni
- Articolo pubblicato:14 Gennaio 2017