“Nel 1848, la fusione tra l’avanguardia comunista – limitata allora a gruppi ristretti e, assai parzialmente coscienti dei fini e della strategia generale – e le masse si realizzò in una forma che Marx ed Engels due anni dopo dovevano criticare nell”Indirizzo alla Lega dei Comunisti’: «Mentre dunque il partito democratico, il partito della piccola borghesia, si organizzava in Germania sempre più, il partito degli operai perdeva l’unico suo saldo punto d’appoggio, restava organizzato al più solo in alcuni luoghi per scopi locali, ed entrò così nel movimento generale completamente sotto il predominio dei democratici piccolo-borghesi» (3). Fu proprio questa esperienza negativa a permettere a Marx ed Engels di approfondire la loro concezione. A questo scopo fu scritto l”Indirizzo alla Lega dei Comunisti’, il cui valore fondamentale non è diminuito dal fatto che fu scritto partendo da una prospettiva erronea (quella di una nuova rivoluzione a breve scadenza). Nell”Indirizzo’ è sottolineato molto chiaramente un principio, che era implicitamente contenuto già nel ‘Manifesto’, ma che non aveva trovato una pratica realizzazione nel 1848. E’ un principio sul quale Marx insistette ogni qualvolta se ne presentò l’occasione nella sua attività di teorico e di dirigente rivoluzionario. Si tratta della necessità dell’indipendenza del partito proletario nei confronti dei partiti borghesi e piccolo-borghesi, anche più avanzati. La citazione che abbiamo fatto può essere così completata: «Si deve por fine a questo stato di cose; la indipendenza degli operai deve essere ristabilita» (4). Più avanti, sempre nell”Indirizzo’, si legge: «Invece di abbassarsi di nuovo a servir da coro plaudente ai democratici borghesi, gli operai e soprattutto la Lega debbono adoperarsi per costituire accanto ai democratici ufficiali un’organizzazione indipendente, segreta e pubblica, del partito operaio, e per fare di ogni comunità della Lega il punto centrale e il nocciolo di associazioni operaie, nelle quali gli interessi e la posizione del proletariato siano discussi indipendentemente da influenze borghesi» (5). E per Marx l’idea era tanto importante che vi insistette anche nel trattare la tattica elettorale: «Anche là dove non esiste nessuna speranza di successo, gli operai debbono presentare i loro candidati, per salvaguardare la loro indipendenza…» (8). Le speranze che Marx stesso aveva nutrito su una scadenza prossima della rivoluzione socialista furono deluse e le cose non potevano andare altrimenti. Il movimento operaio dovette attraversare tutta una fase di riflusso, durante la quale Marx ed Engels non poterono sostenere il ruolo «pratico» che avevano avuto nel 1848-49 e che tornarono ad avere più tardi. In una lettera a Marx del 20 luglio 1851, che pure nutriva ancora delle illusioni sul ritmo, Engels sottolineava la importanza, in quella fase del lavoro, della formazione di quadri teoricamente formati: «…Mi ha fatto molto piacere il fatto che, come prevedevo, si formino dappertutto dei piccoli gruppi comunisti sulla base del ‘Manifesto’. Era proprio quello che ci mancava con la debolezza dello stato maggiore che si è avuto finora. I soldati si troveranno da sé quando la situazione sarà maturata sufficientemente…» (7)” [Livio Maitan, ‘ Rapporti tra l’avanguardia comunista e il movimento delle masse’] [(in) ‘La costruzione del partito rivoluzionario’ a cura di Livio Maitan e Sirio Di Giuliomaria, Roma, 1967] [(3) Da ‘Il partito e l’Internazionale’, Ed. Rinascita, 1948, p. 87-88; (4) Ibidem, pag. 88; (5) Ibidem, pagg. 92-93; (6) Ibidem, pag. 95; (7) Carteggio Marx-Engels, Vol. I, Ed. Rinascita, 1950; pag 262]