“Giustino Fortunato a Benedetto Croce, Napoli, 25 dicembre 1897: “Mio caro Benedetto, ho letto ed ho riletto, con vivissima attenzione, la Vostra ‘Memoria’ (1) su la interpretazione e la critica di alcuni concetti del marxismo. Molti anni fa tentai di leggere Marx: non ci riescii, e da allora ebbi sempre un po’ di invida ammirazione per i tanti e tanti, che mi parlavano, alle volte, di Marx come di un loro familiare. Mi avveggo ora, che il gran numero di que’ tanti ne avevan capito, su per giù, quanto me. Io non sono in grado di portar giudizio del Vostro lavoro; ma io ‘sento’ che Voi non somigliate agli altri, che Voi pensate e scrivete di Marx con piena ed assoluta conoscenza e coscienza. E per me, profano, sintesi di tutta quanta la ‘impressione’ ch’io m’ho avuto dalla lettura della Vostra ‘Memoria’, è magnifica la pagina 38”; Giustino Fortunato a Benedetto Croce, Napoli, 25 agosto 1909: “Mio Caro Benedetto, Vi ho scritto stamane, Vi riscrivo oggi per rivolgervi una ingenua dimanda di mezzo ignorante, per non dir tutto, della dottrina marxista; questa, cioè: commetterei o no errore nel dire che il ‘plus-valore’, secondo Marx, è “la differenza che esiste, a tutto vantaggio del padrone, fra ciò che l’operaio effettivamente produce e quello che realmente egli intasca”?” [Giustino Fortunato, a cura di Emilio Gentile, ‘Carteggio, 1865-1911′, Bari, 1978] [(1) B. Croce, Per l’interpretazione e la critica di alcuni concetti del marxismo’, ‘Atti dell’Accademia Pontaniana’, 1897, memoria n° 17]